Vicini di casa
Giada si era da poco appoggiata sul letto, che venne svegliata da un discreto bussare alla porta. Si sollevò lentamente sulla schiena, stropicciandosi gli occhi e riavviandosi alla meno peggio i capelli sconpigliati, sospirò, si alzò dal letto e andò ad aprire, non prima di aver guardato attraverso lo spioncino e aver tolto la catena. Si ritrovò a fissare gli occhi vivaci e gentili di un ragazzo, che con due bottiglie di birra e un paio di pizze in mano, le sorrideva, dicendo: - Salve... Scusa il disturbo. Mi chiamo Alessandro e sto al piano di sotto. Mi chiedevo se ti andasse di cenare con me. Così... giusto per stabilire buoni rapporti di vicinato. - concluse sempre sorridendo.
Giada lo fissò con espressione spenta, quasi infastidita rispose: - Grazie, ma non ho fame e vorrei continuare a dormire. Ciao. - e senza nemmeno dargli il tempo di aggiungere una parola, gli chiuse la porta in faccia. Il sorriso gli morì sul volto, Alessandro mormorò: - Ok, come non detto. - girò sui tacchi e fece per andarsene. Dall'altra parte della porta, Giada si sentì in colpa per il modo brusco in cui lo aveva trattato; si disse che quello non era il modo giusto per riprendere le redini della sua vita disastrata, e che quel ragazzo non aveva nessuna colpa se lei aveva incontrato solo uomini "sbagliati", l'ultimo poi non era che l'ennesimo di una lunga serie. Ritornò sui suoi passi, riaprì la porta e lo chiamò: - Ehi! Aspetta! - l'altro si voltò poco prima di scendere i gradini e si riavvicinò.
- Ehm... ti chiedo scusa, sono stata davvero scortese prima... E' che quando mi sveglio sono sempre di cattivo umore e... ci sei andato di mezzo tu. Entra pure, mi farà piacere cenare con te. Scusami ancora! - il ragazzo le sorrise di nuovo, chiedendole a sua volta perdono per averla svegliata, poi entrò.
Giada, lievemente imbarazzata per il disordine, si scusò col suo ospite, che si mostrò comprensivo, aggiungendo che essendosi appena trasferita, era giustificata, mentre il suo appartamento si trovava perennemente immerso nel caos. Col passare dei minuti, Giada non si pentì di aver cambiato idea, Alessandro era un tipo simpatico, gioviale, solare, proprio il genere di persone di cui aveva bisogno in quel momento; passarono il tempo a mangiare e a chiacchierare come vecchi amici, senza che lui provasse a domandarle qualcosa del suo passato, e di questo gli fu grata. Poco dopo la mezzanotte si salutarono, Giada era decisamente di buon umore, forse la sua vita stava prendendo la piega giusta, si disse.
Mentre si preparava per andare a dormire, sentì di nuovo bussare. Certa che si trattasse di Alessandro, aprì imprudentemente la porta e... incontrò gli occhi gelidi di qualcuno che non avrebbe creduto di rivedere così presto. Tentò di richiudere la porta, ma l'uomo mise un piede in mezzo e con uno strattone che la fece indietreggiare di un metro, entrò.
- Credevi davvero di poterti liberare di me così facilmente?! - tuonò con la solita voce impastata dall'alcool di cui emanava anche un acre odore. Giada gli intimò di andarsene, ma l'altro non ne aveva la minima intenzione; l'afferrò per i polsi cercando di trascinarla via, ma lei gli sferrò un calcio negli stinchi. Preso dalla rabbia lui la schiaffeggiò violentemente, facendola finire sul letto: - Adesso ti faccio vedere io! - e prima che lei provasse ad urlare, tirò fuori un fazzoletto e la imbavagliò, mentre la teneva ferma sul letto con tutto il suo peso. Giada provò disperatamente a reagire e nella colluttazione fece cadere la lampada che stava sul comodino, la quale si infranse sul pavimento producendo un gran fracasso.
Alessandro, sdraiato sul suo letto e intento a leggere un libro, trasalì. Scattò in piedi e si precipitò al piano di sopra. - Giada? Va tutto bene? - chiese da dietro la porta.
- Rispondigli. Di' che va tutto bene. Guai a te se aggiungi altro! - le ordinò, togliendole il bavaglio. Giada però urlò e chiese aiuto. Alessandro spondò la porta con un paio di spallate, e quello che vide non poteva essere equivocato. L'uomo stava sopra a Giada, che aveva i vestiti lacerati e lo sguardo terrorizzato. Senza indugiare oltre, Alessandro si lanciò contro l'uomo, staccandolo da lei e riempendolo di pugni, prima che l'altro avesse modo di muovere un solo dito, si ritrovò per terra, con le mani del giovane strette attorno alla gola. - Vattene! Se provi ancora ad avvicinarti a lei ti ammazzo! - ringhiò a denti stretti, e dallo sguardo assassino che gli piantò addosso, l'altro non ebbe il minimo dubbio che dicesse sul serio. Alessandro lo sollevò di peso, tenendolo per le spalle, come se pesasse quanto una piuma e lo spinse al di là della porta. Quello se ne andò, ma prima promise a Giada: - Non finisce qui tra noi! Ricordatelo! - poi si allontanò reggendosi a stento sulle proprie gambe.
Giada esplose in un pianto liberatorio, Alessandro afferrò una giacca poggiata sul bordo del letto e gliela mise per coprirla, poi la strinse tra le braccia, cullandola come una bambina. Si offrì di rimanere accanto a lei fin quando non si fosse addormentata, e ci volle parecchio tempo, Giada era ancora agitata e tremava. Gli raccontò tutto. Di come aveva conosciuto quell'uomo, che inzialmente si era mostrato dolce e sensibile con lei. In poco tempo, decisero di vivere insieme, ma ben presto le cose andarono male. Lui si ubriacava quasi ogni sera e quando rientrava la picchiava, abusandone perfino. Tante volte aveva pensato di lasciarlo, ma un giorno si accorse di essere incinta; si era illusa che questo potesse migliorare le cose tra loro, sbagliava. Quando lui, tornando a casa dall'ennesima sbronza, la picchiò selvaggiamente facendola rotolare giù per le scale e procurandole un aborto, Giada decise che la misura era colma. Così una mattina, approfittando del fatto che lui dormisse profondamente, raccolse la sua roba, riempì un paio di valigie e se ne andò, lasciando un biglietto sul comodino con su scritta una sola parola: ADDIO.
Alessandro la ascoltò in silenzio cercando di confortarla come meglio poteva, finchè si addormentò.
La mattina dopo, riaprendo gli occhi, Giada ebbe qualche difficoltà nel riconoscere il luogo in cui si trovava, ma il leggero bruciore alla guancia, le riportò tutto alla mente. Si sollevò a metà del letto, abbassò lo sguardo e notò Alessandro che dormiva sul pavimento. Sorrise lievemente, indecisa se svegliarlo o meno, poi si limitò a coprirlo con una coperta e si avviò a preparare la colazione per entrambi. Da allora i due giovani divennero praticamente inseparabili, ma per lungo tempo rimasero soltanto amici, considerando ciò che aveva passato, lui non voleva metterle fretta, e per questo Giada sentiva di volergli ancora più bene.
Una sera d'estate, Ale la invitò a cena, la portò in un ristorante elegante, dando fondo a tutte le sue risorse, già limitate. Per l'occasione, Giada sfoggiò un vestito rosso-india scollato, che ne risaltava le forme perfette, rendendola ancora più seducente del solito, si pettinò i capelli lunghi e morbidi come onde, ma senza legarli, applicando semplicemente un fermaglio scintillante accanto l'orecchio destro. Si ammirò soddisfatta allo specchio, e anche Alessandro le fece i complimenti. Passarono una serata divertente, il ristorante si trovava a poca distanza da casa, quindi lo raggiunsero a piedi, ma al ritorno si scatenò uno di quegli improvvisi acquazzoni estivi, che li costrinse a rientrare di corsa, zuppi fino alle ossa e con i piedi infangati. Alessandro le spiegò che non poteva entrare in casa sua, poichè l'amico con cui divideva l'appartamento era in compagnia della fidanzata e gli aveva intimato di non disturbarli. Allora Giada gli disse: - Non importa. Vieni da me... - dal tono con cui pronunciò quelle parole, Ale intuì un tacito invito a ben altro, ma avrebbe comunque atteso che fosse lei a fare la prima mossa.
Appena entrati, Giada annunciò di voler fare una doccia, lui di rimando si prenotò per farla subito dopo, ma lei lo sorprese con un 'No'... Ale la fissò senza capire, e quando lei gli propose di farla insieme, le disse: - Sei sicura? - Giada annuì avvicinando le labbra alle sue e baciandolo dolcemente. Dopodichè si liberarono rapidamente dei vestiti e si infilarono insieme nella doccia. Avvinghiati l'uno all'altra si baciarono appassionatamente, mentre l'acqua scorreva sulla loro pelle nuda, le mani di lui le accarezzavano i seni, il ventre, i fianchi, l'interno delle cosce, mentre l'eccitazione cresceva a dismisura. Presero ad insaponarsi a vicenda, con movimenti lenti a procurare sempre maggior piacere. Lui era dolce e passionale al tempo stesso, lei completamente in balìa dei sensi e vogliosa di un contatto più intimo, più profondo; sollevò le gambe e gli circondò i fianchi, mentre lui la sorreggeva con le braccia, schiacciandola contro la parete della cabina, e quando la penetrò a lei sfuggì un grido e continuò a gemere sempre più forte, man mano che lui affondava con colpi decisi e rapidi, quasi volesse penetrarle in fondo all'anima.
Uscirono dalla doccia, si asciugarono alla meno peggio, continuando a gocciolare copiosamente sul pavimento, lasciando tracce fino al letto, su cui si gettarono pesantemente. Lei si spostò sopra di lui, lo baciò sulle labbra, sul collo, sul torace, mentre con una mano gli accarezzava il pene, i testicoli, spargendo gocce d'acqua dai capelli fradici sul petto di lui, sulle cosce... Poi gli prese l'uccello in bocca, spingendo verso il basso e risalendo rapidamente, compiacendosi dei gemiti che lo scuotevano. Ale tornò a penetrarla, schiacciandola con il suo peso, senza smettere un secondo di baciarle il viso, le orecchie, le labbra, mescolando forza bruta a tenerezza.
Rimasero così... a formare un tutt'uno... per diverso tempo, finchè non vennero entrambi, e lei avvertì il calore del suo seme inondarla e rimpirla tutta. Alessandro la baciò ancora a lungo, sussurrandole parole d'amore, finchè scivolò nel sonno... Giada rimase a guardarlo, accarezzandogli i capelli castani e lisci, sospirando e sorridendo. Finalmente era il momento di gioire per lei, il suo ex non poteva più farle del male, aveva saputo da poco che era stato arrestato durante una rissa in un bar malfamato... e dal canto suo, era certa di aver incontrato l'uomo giusto, proprio quando aveva perso le speranze nel futuro, la vita le stava regalando la meritata felicità.