| CITAZIONE (Holubice @ 10/8/2023, 21:03) CITAZIONE PV ha scritto: Te lo dico in sintesi: 45 anni fa è uscito e ho letto: "I limiti dello sviluppo" di Aurelio Peccei e del Club di Roma. Diceva che prima del 2000 saremmo tutti morti perché 5 in miliardi saremmo troppi. Siamo ancora quasi tutti vivi… Conosci quella barzelletta di quello che, va da un amico, che sta in un appartamento, in cima ad un grattacielo al centesimo piano, si sporge dal balcone, scivola, e cade di sotto. Mentre sta cadendo, dice, tra sé e sé: "Sono al novantesimo piano, e tutto sommato va tutto bene". Passa sull'ottantesimo piano e dice: "Sono all'ottantesimo piano, e tutto sommato va tutto bene". Passa davanti al settantesimo piano, e pensa: "Sono al settantesimo piano, e tutto sommato va tutto bene". Non ti voglio rovinare il finale... Ti avevo fatto una lista di quelli che, secondo me, sono stati i quattro libri più belli scritti nel Novecento. E ti avevo anche detto che, ogni tanto, ho riletto, anche tre volte, quei libri. In particolare, in questi giorni, ti consiglio di rileggere questo: [b] Il Maestro e Margherita, capitolo primo (Non parlare mai con gli sconosciuti)[/b] (IMG: http://www.contrappunti.info/wp-content/up...9/locandina.jpg) [i]
In un caldo tramonto primaverile, il direttore della rivista MASSOLIT, Michail Berlioz, e il poeta Ivan Ponyrev, si aggirano presso gli stagni Patriarsie di Mosca. Giunti a un chiosco i due chiedono da bere e viene loro servita l’unica bevanda disponibile, un succo di albicocca. Poco dopo Berlioz si sente il cuore trafitto da un ago spuntato e vede poi uno strano individuo alto più di due metri con una giacca quadrettata. Chiude gli occhi e li riapre, ma di quanto visto e provato non c’è più traccia. I due iniziano a parlare di Gesù Cristo, dato che al poeta è stato commissionato un poema antireligioso da Berlioz. Questi vuole che sia rifatto e gli dà indicazioni in tal senso. Non è importante, sostiene, presentare un Gesù buono o cattivo, ma piuttosto evidenziare che egli non è mai esistito e che le narrazioni su di lui non sono che invenzioni e miti. Giunge uno straniero che, sedutosi vicino a loro, si intromette nel discorso, chiedendo conferma del fatto che i due non credano nell’esistenza di Gesù e di Dio. Berlioz sostiene che le prove dell’esistenza di Dio, compresa quella aggiunta da Kant non dimostrano affatto la sua esistenza. Lo straniero, con stupore di Berlioz, dice di aver avvertito Kant dell’incoerenza della sua prova, durante una colazione con lui. Ma poco dopo aggiunge: “[…] se dio non esiste, chi dirige la vita umano e tutto l’ordine della Terra?”. È l’uomo – risponde Berlioz. Ma lo straniero, con alcuni esempi, dimostra che l’uomo non dirige neanche la sua di vita. Preannuncia quindi che Berlioz avrà la testa mozzata per colpa di una giovane comunista e che la sera non ci sarà nessuna riunione al MASSOLIT… I due allora pensano che sia una spia, ma lo straniero li previene mostrando alcuni documenti ma Ivan riesce a scorgere solo “professore” e l’iniziale del cognome, W. Lo straniero dichiara di essere un esperto di magia nera, chiamato come consulente per decifrare alcuni manoscritti di Gerbert D’Aurillac scoperti nella Biblioteca di Stato. Dice poi che Gesù è esistito e che non c’è bisogno di prove. Inizia poi a narrare…
Anzitutto: il personaggio descritto non zoppicava da nessuna gamba, e la sua statura non era né bassa, né gigantesca, ma solo alta. Quanto ai denti, a sinistra aveva capsule di platino, a destra d’oro. Indossava un vestito grigio costoso, e scarpe straniere del colore del vestito. Portava un berretto grigio sulle ventitré, sotto l’ascella aveva una canna nera, con un pomo nero a forma di testa di can barbone. Dimostrava una quarantina d’anni. La bocca storta. Ben rasato. Bruno. L’occhio destro nero, quello sinistro, stranamente verde. Sopracciglia nere, ma una più alta dell’altra. In poche parole, un forestiero. […]
Il forestiero si appoggiò allo schienale della panchina, e chiese, quasi stridulo di curiosità:
– Loro sono atei?
– Sí, siamo atei, – rispose Berlioz sorridendo, mentre Bezdomnyj pensava arrabbiato: «Che rompiscatole, questo straniero!»
– Ma che bellezza! – esclamò il sorprendente forestiero e cominciò a girare la testa di qua e di là guardando ora l’uno ora l’altro letterato.
– Nel nostro paese, l’ateismo non stupisce nessuno, disse Berlioz con diplomatica cortesia. –
Da tempo la maggior parte della nostra popolazione ha consapevolmente smesso di credere alle fandonie su dio.
A questo punto lo straniero ebbe questa uscita: si alzò e strinse la mano allo stupito direttore,
proferendo queste parole:
– Mi permetta di ringraziarla di tutto cuore!
– Perché lo ringrazia? – chiese Bezdomnyj sbattendo le palpebre.
– Per un’importantissima informazione che per me, viaggiatore, è del massimo interesse, – spiegò lo strambo forestiero alzando un dito con fare significativo.
L’importante informazione doveva aver impressionato molto il viaggiatore, perché lanciò tutt’intorno un’occhiata spaurita alle case come se temesse di vedere un ateo ad ogni finestra.
«No, non è inglese», pensò Berlioz, mentre Bezdomnyj pensava: «Dove avrà imparato il russo così bene, lo vorrei proprio sapere», e aggrottò di nuovo la fronte.
– Mi permetta di domandarle, – riprese l’ospite dopo una preoccupata riflessione, – che ne fa delle prove dell’esistenza di dio, le quali, come è noto, sono esattamente cinque?
– Ohimè, – rispose Berlioz con commiserazione, – nessuna di queste dimostrazioni vale un soldo, e da tempo l’umanità le ha messe in archivio. Deve convenire che nella sfera della ragione non ci può essere alcuna prova dell’esistenza di dio.
– Bravo! – esclamò lo straniero, – bravo! Lei ha ripetuto per intero il pensiero del vecchio irrequieto Immanuel. Ma guardi la stranezza: egli distrusse fino in fondo le cinque prove, ma poi, come per dar la baia a se stesso, ne ha costruito proprio lui una sesta.
– Anche la prova di Kant, – replicò con un fine sorriso il colto direttore, – non è convincente.
Non per nulla Schiller diceva che le disquisizioni kantiane su questo argomento possono soddisfare solo degli schiavi, mentre Strauss si limitava a deriderla.
Berlioz parlava, ma nello stesso tempo pensava: «Ma chi può essere questo tipo? E come fa a parlare così bene il russo?»
– Bisognerebbe prendere questo Kant e spedirlo per un paio di annetti a Solovki! – sparò Ivan Nikolaevič in modo del tutto inaspettato.
– Ivan! – sussurrò confuso Berlioz.
Però la proposta di deportare Kant a Solovki non solo non sorprese il forestiero, ma anzi lo entusiasmò.
– Giusto, giusto, – gridò, e il suo occhio sinistro verde, volto verso Berlioz, cominciò a brillare. – È proprio il posto che farebbe per lui! Glielo dicevo quella volta a colazione: «Lei, professore, mi scusi tanto, ha escogitato qualcosa d’incoerente. Magari sarà una cosa acuta, ma non si capisce proprio nulla. La prenderanno in giro».
Berlioz spalancò gli occhi. «A colazione… con Kant?…Che assurdità sta dicendo?», pensò. (Continua nel link sopra)
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