| Non le avrai considerate irrilevanti ma hai comunque evitato non dico di rispondervi, ma persino di prenderne atto. Mi è stato insegnato che non si deve mai dire, se possibile, “non ha capito” ma sempre “Forse non sono riuscito a spiegarmi”. Non si tratta di una forma di cortesia e nemmeno dell’abbassarsi al livello dell’altro, affermazione gratuitamente ingiuriosa da parte tua. Si tratta del fatto che noi sappiamo su ciò che affermiamo più cose di quante non ne sappia il nostro interlocutore, inevitabilmente. Per questo è molto facile che ciò che pensiamo di aver detto sia rimasto, almeno in parte, nelle nostre intenzioni e nei nostri sottintesi. Per cui proverò a ripeterle, cercando di eliminare le ambiguità.
La prima è che non è vero che all’incremento della speranza di vita, portato dagli sviluppi della medicina moderna, sia seguito un calo dell’incremento demografico. Al contrario, questo è salito. Dopo un certo lasso di tempo è sceso, ma non basta la semplice constatazione che un certo fatto sia cronologicamente precedente ad un altro per stabilire un nesso di causalità.
Io affermo invece che un nesso di causalità esista tra il decremento della natalità e l’aumento del benessere economico. Anche in questo caso c’è una consequenzialità temporale ma, mentre nel rapporto tra mdicina e natalità, tu porti esclusivamente l’esempio di quanto è avvenuto nel mondo occidentale moderno –dove, tra l’altro, c’è un notevole iato tra i due fatti- il rapporto tra benessere economico, e disponibilità di beni non solo di pima necessità, sembra essere una costante della storia. Anche nel passato remoto le classi più benestanti tendevano a mostrare una natalità inferiore a quelle subordinate e povere, pure in assenza di una medicina paragonabile a quella moderna.
Vedi, tanto per fare un esempio “L’aristocrazia Augustea”, di Ronald Syme, oppure leggi semplicemente i sonetti di Shakespeare, con il loro costante invito agli aristocratici inglesi a sposarsi e fare figli. E’ un fatto che, la scarsa prolificità delle classi economicamente dominanti sia stata, in passato, avvertita come un gravissimo problema.
La seconda obiezione è che, almeno in moltissime aree dell’Africa subsahariana, i benefici della medicina moderna sono davvero molto scarsi, e la mortalità, soprattutto infantile, elevatissima. Che io sappia solo il vaiolo si può considerare, al momento, eradicato tramite la pratica delle vaccinazioni. La tubercolosi, la lebbra e molte altre malattie più o meno tipiche dell’ambiente tropicale sono tuttora diffusissime. Se a questo aggiungiamo la povertà, e la conseguente mortalità da denutrizione, non possiamo stupirci dell’alto tasso di natalità. Il quale, tuttavia, ed ovviamente proprio per i motivi che ho elencato, non ovunque porta ad un problema di sovrappopolazione.
La terza obiezione è che è molto comodo ritenere che gli africani siano oggi liberi e padroni del loro destino e quindi interamente responsabili di ciò che succede loro. L’assetto geopolitico del continente è determinato, oggi, dagli esiti della colonizzazione e della decolonizzazione, avvenuta, tra l’altro, per molte degli stati africani in periodi recentissimi e con modalità che hanno lasciato ben poche possibilità di sviluppo a quei paesi. Senza contare che le interferenze economiche, a parte di stati o di singole aziende multinazionali, sono ancora spessissimo determinanti. Vedi, per esempio, il ruolo del petrolio in Nigeria.
Come ho già detto, non intendo in alcun modo di difendere le elites politiche al potere in molti stati africani, elites spesso criminali, come appunto in Nigeria, oppure semplicemente incapaci di affrontare i problemi delle popolazioni che dominano. Si è posto più volte la questione di come evitare che mettano le mani sugli aiuti destinati ai loro stati, ma il problema continua ad essere reale.
Tuttavia non si può evitare di interrogarsi sui rapporti che queste elites mantengono con potentati dei paesi più ricchi. E sull’intreccio di reciproche dipendenze che li legano. O almeno io penso che lo si dovrebbe fare, prima di lasciarsi andare ad affermazioni razziste sulla presunta incapacità degli africani di adeguarsi agli standard della modernità.
Nanni
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