Anche i Greci erano molto maschilisti, e particolarmente misogino era Euripide.
Il quale tuttavia, anche nel terribile personaggio di Medea, rivela l'infinita ammirazione del maschio per la grandezza della donna che non accetta i
clichè di cui è vittima:
"Fra gli esseri tutti, dotati di anima e ragione, noi donne siamo la razza più sventurata; noi che dobbiamo innanzi tutto comprarci con una forte dote uno sposo, e insieme un padrone del nostro corpo; e, fra i mali, questo é il male peggiore."(Euripide, Medea, vv. 230-236)
D'altra parte, però, con Antigone, viene tratteggiata la figura dell'eroe sofocleo al femminile, capace di rinunciare al suo futuro di sposa e madre, e di andare incontro alla morte, pur di obbedire alle leggi "non scritte".
Sono certa che, se fosse vissuta ai giorni nostri, non avrebbe fatto economia di meritati (ancorchè poco poetici) "vaffanculo".