CITAZIONE
Un cinque anni fa circa, un mio avvocato – che faceva indagini su uno dei tanti fanatici papponi che traggono il loro sostentamento dalla caccia alle streghe per conto terzi (una qualche congrega di preti e genitori settari con troppi soldi e figli da buttare), un cretino nullafacente ma ispirato che avevo appena querelato per diffamazione – mi fa sapere che su un sito Internet qualcuno, alla cui identità lui era già risalito per conto proprio (un editor o piccolo editore frustrato ladro di galline pedofilo acclamato – in sordina: turismo sessuale all’estero – già noto alle forze dell’ordine e con una fedina penale sporcata da una lista considerevole di reati di tutto rispetto, tanto che, al solito, non era mai stato dentro neppure un giorno), be’, mi dice che questo qualcuno incita indiscriminatamente i suoi adepti e lettori non lettori in generale a farmi la pelle, a spararmi a vista, e che sarebbe mio diritto sporgere querela e chiedere un bel po’ di danni morali e, quindi, pecuniari (a chi, a un obeso spiantato di professione che secondo me agiva per il solito scheletrico nell’ombra?); accanto a questa chiamata all’odio e all’assassinio nei miei confronti, aggiunge l’avvocato che ci sarebbe un altro, anonimo, o forse più di uno, che ribadisce che io non solo sarei un pedofilo ma un apologeta, un difensore filosofico della pedofilia e che vari passaggi di miei libri e di miei interventi televisivi sarebbero stati manipolati o decontestualizzati per farmi apparire tale nero su bianco; anzi, già che c’era, aggiunge che a firma mia appaiono affermazioni contro questo e quello che possono portarmi alla rovina economica (“Più di lei? Sono carine almeno? Perché verosimili lo saranno di certo”, mi ricordo di avergli detto). Tuttavia resto un po’ basito, non ho che una conoscenza rudimentale della navigazione in Internet e non ho mai chattato una sola volta in vita mia né mai ho inviato un messaggio a chicchessia né anonimo né a mia firma (uno sì, per la verità e per scherzo, guidato da un vecchio conoscente d’infanzia che voleva mostrarmi come era bravo lui a riscaldare le piccole orfanelle fiammiferaie di Gaydar alla ricerca di un focolare domestico, anche bestiale ma stabile: bulinai una vera e propria pagina di letteratura, quindi anti internettiana per antonomasia, che mi pento di non aver stampato e conservato); sarei del tutto incapace tecnicamente e intellettualmente anche oggi di sporcare la pesatissima sacralità della mia scrittura in un bordello di gargarismi a vanvera del genere…
Grazie alle dritte dell’avvocato riesco quindi a individuare quei siti che attentano al mio onore e alla mia incolumità e, rassegnato all’inevitabile, gli dico di “adire alle vie legali” (ogni volta che sento questa formula del foro vorrei darmi alla macchia e macchiarmi del sangue aumano che l’ha concepita). Certo ci rifletto su, altre tre querele non mi alleggeriscono l’esistenza, lasciamo stare il portafoglio, sto spurgandone contemporaneamente almeno quattro (o erano sei?) che si trascinano e si rinviano da anni, però, se lo dice lui… Intanto che clicco e mi aggiorno su quei tre buontemponi che mi vogliono morto e mitico ben oltre quello che già non sono, ne snido io stesso una quantità impressionante: tutti anonimi o con pseudonimi o con nomi che sembrano, sì, veri ma che potrebbero anche non esserlo, del resto anche il mio viene usato per esteso qui e là come se interloquissi in prima persona, cosa che non potrei mai e poi mai fare, ripeto, non posso buttare al vento parole scritte di mio pugno (a ben pensarci, nemmeno quelle dette a voce), mi ripugna il solo pensiero di battere un tasto per comporre una mia parola indirizzata al maniaco e al depresso e al malato psichico o alla isterica psicotica, quasi sempre un lui, in agguato dall’altra parte dello schermo, perché bisogna proprio essere svaniti, e decrepiti vecchietti specialmente se a venti, per perdere tempo e cervello nella virtualità vera e propria di un elettrodomestico, come se la cosiddetta realtà delle reali relazioni umane non fosse già abbastanza e tristemente virtuale in piazza, in treno, in banca, nei ministeri, nelle caserme, nei tribunali, all’ufficio del registro, al supermercato, nei giornali, in televisione, nei romanzi da scuola di scrittura e di giornalisti, al cimitero – e a letto insieme. Che faccio? Per coerenza e pazienza, se procedo legalmente contro quei tre, dovrei procedere anche contro gli altri trenta; chiamo l’avvocato, gli dico di sospendere ogni procedimento e contro noti e contro ignoti, gli spiego il mio punto di vista risolutivo: Internet (che è del tutto inutile anche per sapere il numero di telefono di un albergo per accertare all’istante se accettano o no una prenotazione) è il luogo dei fantasmi, delle fantasmizzazioni, dei transfert della povera gente e degli handicappati non immediatamente riconoscibili, è il teatrino dei mascheramenti di personalità, del cambio di genere, età, professione, dell’autocitazione (spesso a vantaggio di un’identità fasulla), dell’egolatria più magicamente harrypotteriana, del narcisismo più commovente; faccio notare all’avvocato che Internet stesso nelle sue articolazioni o è pornografia alla buona o è regressione sistematica all’infanzia, che è di fatto il sistema di dominio dell’infantilizzazione stessa della gioventù da schiavizzare poi sino alla vecchiaia una volta spento il computer e il mondo delle favole date e prese e che, per quel poco che ho sperimentato io, è il limbo della massa analfabeta e pretenziosa e rancorosa, che millanta per realizzazioni ambizioni abortite e addirittura desideri che non ha, e che nemmeno una diffamazione grave o minaccia scriteriata accumula abbastanza senso e origine certa da farne oggetto di querela e che, a ben vedere, uno come me (e come chiunque altro soffra godendo di una faccia pubblica) dovrebbe passare il suo tempo restante attento non mancare i mille e inani appuntamenti con bidone incorporato fissatiti dalla Giustizia, cioè in Italia dall’istituzione più criminogena e latitante dopo la mafia.
Morale a uso dell’uomo comune e no: tutto ciò che appare sui siti di Internet è non luogo a procedere per eccellenza e deve essere considerato non essenza giuridica, visto che è attivato ben oltre il 99% da non esseri tali o da esseri tal altri indefiniti ai quali, seppure venissero mai individuati, si potrebbe al massimo applicare la legge Basaglia che, come si sa, è una delle innumerevoli non leggi della Repubblica che mai si applica tanto alla lettera come quando non la si applica per niente; le offese via sito non esistono che per l’offensore, mai per il destinatario; salvo rarissime eccezioni (siti di comprovata e perdurevole identificazione con un responsabile ben preciso che risponda del piombo propalato), l’unica reazione di un gentiluomo (un gentiluomo o legge libri, possibilmente altrui, o scrive libri, mica blog) è fare spallucce davanti a qualsivoglia esternazione diffusa su sito che lo tiri in ballo (fare spallucce anche delle lodi, spesso non meno strampalate e ombelicali delle critiche o delle infamie: la voce che riguarda, si fa per dire, il sottoscritto, consta più o meno di 200.000 voci, di cui effettive, e non mere clonazioni di clonazioni di clonazioni, saranno secondo me non più di 5.000; ebbene, in questi ultimi cinque anni in cui, dietro l’imput dell’avvocato summenzionato, ho speso circa un’ora la settimana per curiosare tra gli insulti e gli incensamenti, non credo di aver sbarrato più di tre volte gli occhi dalla meraviglia per essermi trovato di fronte a qualcosa di veramente intelligente e intelligibile, è tutta, tutta fuffa, a parte ovviamente citazioni da miei libri, una mia recente intervista con tanto di sonoro o articoli di mio pugno come questo).
A.B.