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Uomini vittime della tristezza, 10 regole per combatterla

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libera*
view post Posted on 23/4/2005, 14:29     +1   -1




Valentino leggi qui.


UOMINI VITTIME DELLA TRISTEZZA: 10 REGOLE PER COMBATTERLA



Vive in una citta' del Nord Italia, fa un lavoro di tipo intellettuale e non sorride da tempo. Questo l'identikit del maschio italico 'malato di tristezza', un problema comune nel nostro Paese a ben sette uomini su dieci (71%), come rivela uno studio della rivista Riza Psicosomatica, condotto su 1.028 italiani tra i 18 ed i 67 anni.

Se la depressione colpisce prevalentemente le donne e puo' impedire un'esistenza normale, la tristezza miete vittime soprattutto tra gli uomini. Ben sette maschi su dieci (71%) confessano, infatti, di sentirsi tristi ogni giorno, contro solo il 29% delle donne. A 'proteggere' queste ultime, spiegano gli esperti di Riza, sarebbe l'inclinazione a trovare sfogo al proprio malcontento, "mentre gli uomini nascondono angosce e tormenti, che cosi' si trasformano alla lunga in uno stato di tristezza perenne".

Se i 40enni sorridono poco, anche gli over 54 non se la non se la passano meglio: uno su quattro (25%) dichiara di essere vittima della tristezza. I piu' fortunati? I giovani: solo il 6% dei 'tristi cronici' ha meno di 24 anni. La tristezza regna nelle regioni settentrionali (57%), mentre ha scarso peso al Sud (15%). Dallo studio emerge anche che il 47% degli intervistati abita in citta', mentre solo il 18% vive in campagna. Manager, professionisti, avvocati, ma anche studenti figurano fra i piu' a rischio: una vittima della tristezza su due svolge un lavoro di concetto, mentre solo il 17% un'attivita' prevalentemente manuale.

Rassegnati, perennemente stanchi e apatici, cosi' si presentano gli uomini con il morale sotto i piedi. E scatta l'allarme: la tristezza puo' diventare cronica, trasformandosi in una vera e propria patologia. Tachicardia, ulcere e coliti, dolori muscolari, cefalee sono alcune delle conseguenze negative. Senza dimenticare gli effetti nefasti sulla sfera sessuale, con il crollo del desiderio. Fra le cause, gli esperti puntano il dito contro l'ansia da pianificazione, i colleghi sempre in cerca di aiuto ma anche un rapporto di coppia piatto ed insoddisfacente. Il 33% degli intervistati non ha dubbi: e' la paura di sbagliare le scelte importanti che condiziona in maniera negativa il proprio stato d'animo. Per una persona su cinque (20%) la causa di ogni male e' la responsabilita' sul lavoro, mentre solo per il 15% degli uomini sono le questioni di cuore a pesare. Il 10% attribuisce le cause della tristezza all'eta' che avanza, mentre per il 7% all'origine di tutto ci sono moglie e figli.

Ma piu' che tentare di reagire, il 42% delle 'vittime' si chiude in se stesso, mentre uno su quattro (26%) ricorre a psicofarmaci. Il 13% aspetta solo che il momento negativo passi, mentre l'11% tenta di agire, magari distraendosi e uscendo di casa. Gli esperti non hanno dubbi: la tristezza non curata, o curata male, rischia di dar vita a numerose patologie. Da tosse e raffreddori, perche' si ha meno energia per combattere virus e batteri, a dolori alle ossa e crampi muscolari. Anche il cuore puo' reagire a questo stato d'animo accelerando irregolarmente il suo battito: ecco comparire tachicardie e aritmie. Se sono in crescita le cefalee, anche i problemi allo stomaco e all'intestino aumentano: la digestione si fa lenta, e spuntano anche coliti e ulcere.

La tristezza, comunque, si puo' vincere. Ecco le dieci regole d'oro stilate dagli esperti di Riza:
1) Pensare di piu' a se stessi. Troppo altruismo fa male;
2) Sfogare di tanto in tanto la propria rabbia. Gridare fa bene;
3) Imparare a proteggere la propria privacy, per evitare di svelare ogni aspetto di se';
4) Non essere sempre pronti a risolvere i problemi degli altri;
5) Smettere di lamentarsi;
6) Andare alla ricerca di nuovi esperienze;
7) Dare spazio alla propria creativita';
8) Godersi il litigio con una persona cara prima di fare pace per cercare di comprendere i motivi dello scontro;
9) Tenere un diario per scoprire le azioni inutili che contribuiscono a creare malumore;
10) Infine, allontanarsi per qualche giorno dal proprio partner per trovare nuovi stimoli.


tratto da
italiasalute.it

Edited by libera* - 23/4/2005, 16:21
 
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emme
view post Posted on 23/4/2005, 14:47     +1   -1




ma sì', quattro regolette...che hanno tanto il sapore del paradosso...di watzlavich,

5) Smettere di lamentarsi;


come dire "sii spontaneo"...eheh

no ma a parte gli scherzi, penso che sia vero...si percepisce questa tristezza...anche per la strada, sugli autobus e perfino, lo notavo stamattina in centro, alla fiera del libro, appena aperta, ci sono tutti i librai della città che espongono i loro libri...un pò tutti uguali, e comunque c'è un'aria triste, un pò scazzata.
tutto vero.
niente, mi fa tristezza questo tema, volevo dire delle cose, ma meglio lasciar perdere...

p.s. io non sono tanto triste, ho comprato la maglietta a righe...
 
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libera*
view post Posted on 23/4/2005, 14:49     +1   -1




SPINOZA, LETIZIA E TRISTEZZA

Vediamo quindi che la Mente può subire grandi cambiamenti, e passare ora da una certa perfezione ad una perfezione maggiore, e ora da una certa perfezione a una perfezione minore: e proprio queste passioni, o mutazioni della Mente, ci spiegano i sentimenti della Letizia e della Tristezza. Per Letizia, quindi, intenderò qui di sèguito la passione per cagion della quale la Mente passa ad una perfezione maggiore; per Tristezza invece intenderò la passione per cagion della quale la Mente passa a una perfezione minore. Chiamerò poi Eccitazione, o Allegrezza, il sentimento della Letizia riferito insieme alla Mente e al Corpo; e chiamerò Dolore, o Melanconia, il sentimento della Tristezza riferito insieme alla Mente e al Corpo. Si deve però notare che l’Eccitazione e il Dolore si riferiscono all’Uomo quando una sola sua parte è interessata più delle altre da Letizia o da Tristezza, mentre l’Allegrezza e la Melanconia hanno luogo quando tutte le parti sono interessate in modo eguale.

(Spinoza, “Ethica”, III, prop.11)
 
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libera*
view post Posted on 23/4/2005, 14:50     +1   -1




QUOTE (emme @ 23/4/2005, 15:47)

niente, mi fa tristezza questo tema, volevo dire delle cose, ma meglio lasciar perdere...

p.s. io non sono tanto triste, ho comprato la maglietta a righe...

Dai Emme dille ,tu sei il miglior antidoto per la tristezza

A proposito lo sapevi che esiste anche la tristezza degli agrumi?
Io l'ho scoperto proprio adesso.

Edited by libera* - 23/4/2005, 15:52
 
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libera*
view post Posted on 23/4/2005, 14:59     +1   -1




Umberto Galimberti: Noi , malati di tristezza
Tratto da “la Repubblica”, 1 giugno 2004

Un filosofo e psicoanalista argentino Miguel Benasayag, che vive da molti anni a Parigi, le cui opere sono in parte tradotte anche in italiano, e un professore di psichiatria infantile e dell'adolescenza Gérard Schmit che insegna all università di Reims, hanno posto sotto osservazione i servizi di consulenza psicologica e psichiatrica diffusi in Francia e si sono accorti che a frequentarli, per la gran parte, sono persone le cui sofferenze non hanno una vera e propria origine psicologica, ma riflettono la tristezza diffusa che caratterizza la nostra società contemporanea, percorsa da un sentimento permanente di insicurezza e di precarietà.

Quali "tecnici della sofferenza" si sono sentiti impreparati ad affrontare problemi che non fossero di natura psicopatologica. E invece di adagiarsi tranquillamente sui farmaci a loro disposizione per curare il disordine molecolare e così stabilizzare la crisi, si sono messi a studiare e a pensare il senso che si nasconde nel cuore del sintomo, quando la crisi non è tanto del singolo, quanto il riflesso nel singolo della crisi della società. Ne è nato un libro bellissimo, la cui lettura consiglierei a tutti i giovani e a tutti quelli che ne hanno cura.

Il titolo è L'epoca delle passioni tristi. Si tratta di passioni che lasciano le famiglie disarmate e angosciate all'idea di non essere in grado di provvedere al problema che affligge uno dei loro componenti, quindi di non essere una "buona famiglia", quando invece le passioni tristi hanno la loro origine nella crisi della società che, senza preavviso, fa il suo ingresso nei centri di consulenza psicologica e psichiatrica, lasciando gli operatori disarmati. In che consiste questa crisi? Da un cambiamento di segno del futuro: dal "futuro-promessa" al "futuro-minaccia". E siccome la psiche è sana quando è aperta al futuro (a differenza della psiche depressa tutta raccolta nel passato, e della psiche maniacale tutta concentrata sul presente) quando il futuro chiude le sue porte o, se le apre, è solo per offrirsi come incertezza, precarietà, insicurezza, inquietudine, allora "il terribile è già accaduto", perché le iniziative si spengono, le speranze appaiono vuote, la demotivazione cresce, l'energia vitale implode.

Per i due psichiatri francesi, e io concordo con loro, tutto ciò è incominciato con la morte di Dio che ha segnato la fine dell'ottimismo teologico, che visualizzava il passato come male, il presente come redenzione, il futuro come salvezza. La morte di Dio non ha lasciato solo orfani, ma anche eredi. La scienza, l'utopia e la rivoluzione hanno proseguito, in forma laicizzata, questa visione ottimistica della storia, dove la triade: colpa, redenzione, salvezza trovava la sua riformulazione in quell'omologa prospettiva dove il passato appare come male, la scienza o la rivoluzione come redenzione, il progresso (scientifico o sociologico) come salvezza. Il positivismo di fine Ottocento era infatti animato da una sorta di messianesimo scientifico, che assicurava un domani luminoso e felice grazie ai progressi della scienza. Sul versante sociologico Marx evidenziava le contraddizioni del capitalismo in vista di una radicale trasformazione del mondo, sul versante psicologico Freud ipotizzava un prosciugamento delle forze inconsce non controllate dall'Io, perché "dov'era l'Es deve subentrare l'Io. Questa è l'opera della civiltà".

L'Occidente, abbandonato il pessimismo degli antichi greci che, a sentire Nietzsche: "Sono stati gli unici ad avere la forza di guardare in faccia il dolore", si è consegnato senza riserve all'ottimismo della tradizione giudaico-cristiana che, sia nella versione religiosa, sia nelle forme laicizzate della scienza, dell'utopia e della rivoluzione, ha guardato l'avvenire sorretta dalla convinzione che la storia dell'umanità è inevitabilmente una storia di progresso e quindi di salvezza. Oggi questa visione ottimistica è crollata. Dio è davvero morto e i suoi eredi (scienza, utopia e rivoluzione) hanno mancato la promessa. Inquinamenti di ogni tipo, disuguaglianze sociali, disastri economici, comparsa di nuove malattie, esplosioni di violenza, forme di intolleranza, radicamento di egoismi, pratica abituale della guerra hanno fatto precipitare il futuro dall'estrema positività della tradizione giudaico-cristiana all'estrema negatività di un tempo affidato alla casualità senza direzione e orientamento. Il futuro da "promessa" è diventato "minaccia". E questo perché se è vero che la tecnoscienza progredisce nella conoscenza del reale, contemporaneamente ci getta in una forma di ignoranza molto diversa, ma forse più temibile, che è poi quella che ci rende incapaci di far fronte alla nostra infelicità e ai problemi che ci inquietano. Per dirla con Spinoza, viviamo in un'epoca dominata da quelle che il filosofo chiamava le "passioni tristi", dove il riferimento non era al dolore o al pianto, ma all'impotenza, alla disgregazione e alla mancanza di senso, che fanno della crisi attuale qualcosa di diverso dalle altre a cui l'Occidente ha saputo adattarsi, perché si tratta di una crisi dei fondamenti stessi della nostra civiltà.

Certo nessuno si reca a un consultorio psicologico per un adolescente esordendo: "Buongiorno dottore, soffro molto a causa della crisi storica che stiamo attraversando". In compenso i consultori sono quotidianamente sollecitati da genitori e insegnanti che non sanno più come far fronte all'indolenza dei loro figli o dei loro alunni, ai processi di demotivazione che li isola nelle loro stanze a stordirsi le orecchie di musica, all'escalation della violenza, allo stordimento degli spinelli che intercalano ore di ignavia. Come sono riconducibili tutti questi sintomi alla "crisi storica"? La mancanza di un futuro come promessa arresta il desiderio nell'assoluto presente. Meglio star bene e gratificarsi oggi se il domani è senza prospettiva. Ciò significa che nell'adolescente non si verifica più quel passaggio naturale dalla libido narcisistica (che investe sull'amore di sé) alla libido oggettuale (che investe sugli altri e sul mondo). In mancanza di questo passaggio, bisogna spingere gli adolescenti a studiare con motivazioni utilitaristiche, impostando un'educazione finalizzata alla sopravvivenza, dove è implicito che "ci si salva da soli", con conseguente affievolimento dei legami emotivi, sentimentali e sociali. La mancanza di un futuro come promessa non conferisce ai genitori e agli insegnanti l'autorità di indicare la strada. Tra adolescenti e adulti subentra allora un rapporto "contrattualistico" dove genitori e insegnanti si sentono continuamente tenuti a giustificare le loro scelte nei confronti del giovane, che accetta o meno ciò che gli viene proposto in un rapporto ugualitario. Ma la relazione tra giovani e adulti non è simmetrica, e trattare l'adolescente come un proprio pari significa non contenerlo, e soprattutto lasciarlo solo di fronte alle proprie pulsioni e all'ansia che ne deriva. Quando i sintomi di disagio si fanno evidenti l'atteggiamento dei genitori e degli insegnanti oscilla tra la coercizione dura (che può avere senso quando le promesse del futuro sono garantite) e la seduzione di tipo commerciale di cui la cultura berlusconiana che si va diffondendo è un esempio. Senonché anche i giovani di oggi devono fare il loro Edipo, devono cioè esplorare la loro potenza, sperimentare i limiti della società, affrontare tutte le funzioni tipiche dei riti di passaggio dell'adolescenza, tra cui uccidere simbolicamente l'autorità, il padre. E siccome questo processo non può avvenire in famiglia dove, per effetto dei rapporti contrattuali tra padri e figli, l'autorità non esiste più, i giovani finiscono col fare il loro Edipo con la polizia, scatenando nel quartiere, nello stadio, nella città, nella società la violenza contenuta in famiglia. Sono, questi, due esempi dei molti che gli autori del libro illustrano per mostrare il nesso tra il passaggio storico del futuro come promessa al futuro come minaccia e le manifestazioni psico (pato) logiche del disagio dei giovani che non riescono più a percepire l'integrazione sociale, l'acquisizione dell'apprendimento, l'investimento nei progetti, come qualcosa di connesso a un loro desiderio profondo, che è poi il desiderio di desiderare la vita. A ciò si aggiunga che le passioni tristi e il fatalismo non mancano di un certo fascino, ed è facile farsi sedurre dal canto delle sirene della disperazione, assaporare l'attesa del peggio, lasciarsi avvolgere dalla notte apocalittica che, dalla minaccia nucleare a quella terroristica, cade come un cielo buio su tutti noi.

Ma è anche vero che le passioni tristi sono una costruzione, un modo di interpretare la realtà, non la realtà stessa, che ancora serba delle risorse se solo non ci facciamo irretire da quel significante oggi dominante che è l'insicurezza. Certo la nostra epoca smaschera l'illusione della modernità che ha fatto credere all'uomo di poter cambiare tutto secondo il suo volere. Non è così. Ma l'insicurezza che ne deriva non deve portare la nostra società ad aderire massicciamente a un discorso di tipo paranoico, in cui non si parla d'altro se non della necessità di proteggersi e sopravvivere, perché allora si arriva al punto che la società si sente libera dai principi e dai divieti, e allora la barbarie è alle porte. Se l'estirpazione radicale dell'insicurezza appartiene ancora all'utopia modernista dell'onnipotenza umana, la strada da seguire è un'altra, e precisamente quella della costruzione dei legami affettivi e di solidarietà, capaci di spingere le persone fuori dall'isolamento nel quale la società tende a rinchiuderle, in nome degli ideali individualistici che, a partire dall'America, si vanno paurosamente diffondendo anche da noi.

 
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emme
view post Posted on 23/4/2005, 15:01     +1   -1




CITAZIONE (libera* @ 23/4/2005, 15:50)
CITAZIONE (emme @ 23/4/2005, 15:47)

niente, mi fa tristezza questo tema, volevo dire delle cose, ma meglio lasciar perdere...

p.s. io non sono tanto triste, ho comprato la maglietta a righe...

Dai Emme dille ,tu sei il miglior antidoto per la tristezza

ma non so libera, è un tema così difficile, rischi di luoghi comuni esagerati, non mi viene in mente niente di originale...certo, la vita moderna , il logorìo, come diceva già molti anni fa calindri in mezzo al traffico sorseggiando il suo aperitivo al carciofo.
poi sta storia del lavoro, della famiglia, ma io penso che se uno vuole essere triste, è anche giusto che lo sia, magari gli serve la sua tristezza...gli fa compagnia, per non sentirsi troppo solo, l'atteggiamento malinconico in fondo ha una sua dignità umana, chi sono io per giudicare? nessuno, so solo che qualche volta anche io sono triste,e ho imparato ad accettarmi così, anche questo obbligo a "divertirsi", io lo trovo insulso...come quando qualcuno mi dice "ridi!"...se uno è triste è triste, punto.
niente, non mi viene niente, poi lo so è facile dire: leggi, guardati attorno, occupati della politica...ecco mi sembra strano quel consiglio "non occuparti degli altri", a me sembra che non ce ne sia bisogno e che forse "occuparsi" degli altri sia un antidoto a non guardarsi il proprio ombelico...(eheh, come fa benissimo pupetta), ma certo, se uno vuole farlo, lo faccia, se gli serve...insomma, non c'è una ricetta per tutte le tristezze, e queste indagini così ...a me fanno sempre venire in mente una cosa: la cosa più bella del mondo è la diversità e l'unicità, siamo tutti ma proprio tutti diversi, questa per me è la rivelazione più grande che ho imparato e che mi aiuta a curarmi della mia tristezza, senza pretendere che la mia cura sia anche quella degli altri.
vedi? ho detto un fracco di sciocchezze....ehehe
 
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emme
view post Posted on 23/4/2005, 15:09     +1   -1




caspita!
ho letto dopo il lungo articolo di galimberti...eheh, (menomale perchè altrimenti non avrei scritto le mie sciocchezzuole)certo, ha ragione e penso proprio che comprerò quel libro, anzi, adesso vado a vedere se lo trovo...
grazie libera...
 
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libera*
view post Posted on 23/4/2005, 15:10     +1   -1




Assolutamente no,hai detto delle verita'.
Vi e' una valenza positiva anche nella tristezza,e' fonte di creativita',basta pensare a scrittori,poeti,pittori;serve a saper godere dei momenti positivi,attraverso l'utilizzazione del contrasto.
E' vero ,tutti abbiamo dei momenti di tristezza,e ben vengano ,a patto che non vi siano solo quelli.
Per quanto riguarda il "non preoccuparti degli altri" io l'ho letto come "occupati di piu' di te stesso,ritagliati i tuoi spazi',almeno io l'ho interpretato cosi',e in questo senso mi sembra un consiglio sacrosanto.
 
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emme
view post Posted on 23/4/2005, 15:17     +1   -1




CITAZIONE (libera* @ 23/4/2005, 16:10)
Assolutamente no,hai detto delle verita'.
Vi e' una valenza positiva anche nella tristezza,e' fonte di creativita',basta pensare a scrittori,poeti,pittori;serve a saper godere dei momenti positivi,attraverso l'utilizzazione del contrasto.
E' vero ,tutti abbiamo dei momenti di tristezza,e ben vengano ,a patto che non vi siano solo quelli.
Per quanto riguarda il "non preoccuparti degli altri" io l'ho letto come "occupati di piu' di te stesso,ritagliati i tuoi spazi',almeno io l'ho interpretato cosi',e in questo senso mi sembra un consiglio sacrosanto.

1) Pensare di piu' a se stessi. Troppo altruismo fa male;


no, io mi riferivo a questo consiglio...e francamente non mi sembra che ci sia un grande altruismo in giro...



comunque, anche l'articolo di Galimberti e...lì si parla soprattutto dei "giovani", e penso che invece l'articolo che hai riportato riguarda di più gli adulti, sono due mondi un pò diversi...
il mio discorso si riferiva di più agli adulti.
diverso è il discorso dell'apatia giovanile.
 
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bluette
view post Posted on 23/4/2005, 21:56     +1   -1




Io invece, emme, penso che la maggior parte di quei consigli non siano del tutto sbagliati... sono solo descritti in modo troppo vago, a tal punto da sembrare luoghi comuni.

Alla tristezza si può giungere attraverso percorsi diversi, in base alla diversa personalità.
Ad esempio per il n. 1) nel caso di una persona per la quale l'aiuto agli altri è qualcosa di estremamente importante nella propria vita per tutta una serie di motivi che ora tralasciamo, l'altruismo può rappresentare sicuramente un elemento di grande forza, ma può diventare anche fonte di sofferenza quando diventa annullamento di sè. Non si è più se stessi, ma si diventa totalmente l'altro. Ed è questa una situazione abbastanza frequente, anche in quelle persone che mai penserebbero di avere questo tipo di problema.

A me invece lascia un po' perplessa il punto 10: Infine, allontanarsi per qualche giorno dal proprio partner per trovare nuovi stimoli


Edited by bluette - 24/4/2005, 01:39
 
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libera*
view post Posted on 23/4/2005, 22:06     +1   -1




QUOTE (bluette @ 23/4/2005, 22:56)

A me invece lascia un po' perplessa il punto 10: Infine, allontanarsi per qualche giorno dal proprio partner per trovare nuovi stimoli
 

A me infatti sembra una boiata pazzesca.

Ho trovato questo articolo e l'ho postato per scherzarci un po' su,visto che ieri sera Valentino ,Cinzia e io sembravamo la triade triste.
Pero' adesso mi piacerebbe parlarne piu' a fondo.

Edited by libera* - 23/4/2005, 23:09
 
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bluette
view post Posted on 23/4/2005, 22:07     +1   -1




...e poi quando ritorna che fa, si ricomincia daccapo?
magari non torna più, eheheh...

Edited by bluette - 23/4/2005, 23:08
 
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Camilla.
view post Posted on 24/4/2005, 09:44     +1   -1




boh
le persone tristi e perennemente incazzate finiscono con lo stritolarmelo, detta francamente
tutti abbiamo i periodi no
per chi la faccenda diventa cronica l'assimilo ad un continuo bisogno di attenzioni che alla lunga mi stufa
sarà che l'animo della crocerossina ce l'ho a tempo determinato, dopo un tot mi girano i coglioni e se tale tristezza non è supportata da elementi reali e gravi, mi stufo proprio

anche piangersi meno addosso può servire eh...
e magari pensare a chi i problemi grossi ce li ha davvero
consiglio un bel giretto panoramico in un reparto oncologico infantile di un qualsiasi ospedale italiano
spero che il perennemente triste si vergogni almeno un po' vedendo certe cose
 
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view post Posted on 24/4/2005, 11:05     +1   -1
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veramente sarei fuxia

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CITAZIONE (bluette @ 23/4/2005, 22:56)


A me invece lascia un po' perplessa il punto 10: Infine, allontanarsi per qualche giorno dal proprio partner per trovare nuovi stimoli

magari è inteso come stimolo a riscoprirlo, un momento di pausa e riflessione ci può far capire quanto ci manchi quando non c'è, quanto sia importante per noi.. cose che l'abitudine tende a far dimenticare nel grigio andarianda della quotidianità comune..
ma già.. io sono quello che istintivamente tende a vedere il bicchiere sempre mezzo pieno, che inquadra al volo i lati positivi e li privilegia rispetto a quelli negativi che pure non gli sfuggono..
a me il discorso sulla tristezza, o peggio sulla depressione, mi sfiora giusto per sentito dire..
 
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bluette
view post Posted on 24/4/2005, 11:10     +1   -1




CITAZIONE (Maldestro @ 24/4/2005, 12:05)

a me il discorso sulla tristezza, o peggio sulla depressione, mi sfiora giusto per sentito dire..


Lo so, a te viene l'ansia



 
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20 replies since 23/4/2005, 14:29   455 views
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