La Zattera del Villaggio: forum arte scienza politica letteratura cultura piaceri  sport enogastronomia giochi

L'altra meta'

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 1/3/2005, 14:54     +1   -1
Avatar

veramente sarei fuxia

Group:
Member
Posts:
6,158
Reputation:
-5
Location:
SOL III

Status:


che bush sia contrario all'aborto è normale..
l'america ha bisogno di carne da macello per portare la democrazia nel mondo..
è bene che le donne figlino in sovrabbondanza..
 
Top
libera*
view post Posted on 24/3/2005, 17:50     +1   -1




24.03.2005
Per la prima volta l'Italia ha due donne ambasciatore
di red.

Per la prima volta l’Italia ha due donne ambasciatore. Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro degli Esteri Gianfranco Fini, giovedì ha nominato al grado di «ambasciatore» due donne. Si tratta di Graziella Simbolotti e Jolanda Brunetti, nominate insieme a Mario Salvatore Bova al massimo grado nella carriera di un diplomatico.

«Le donne sono entrate in diplomazia negli anni Sessanta» dichiara in una nota il sottosegretario di Stato Margherita Boniver, ma fino ad oggi mai si era vista una donna nominata direttore generale o promossa al rango di ambasciatore. «Esprimo – dice la Boniver - tutta la mia soddisfazione per questo giorno storico che dà un profilo non più misogino alla nostra diplomazia».




Ogni tanto anche loro fanno una cosa buona.

Edited by libera* - 24/3/2005, 17:52
 
Top
Valentino Pupetta
view post Posted on 24/3/2005, 17:58     +1   -1




E diciamolo!

 
Top
Silviolo
view post Posted on 24/3/2005, 22:20     +1   -1




CITAZIONE (Maldestro @ 1/3/2005, 14:54)
che bush sia contrario all'aborto è normale..
l'america ha bisogno di carne da macello per portare la democrazia nel mondo..
è bene che le donne figlino in sovrabbondanza..

Io invece credo che la posizione antiabortista sia proprio dettata dalla sua ideologia , influenzata a sua volta dal suo vissuto , per la carne da macello importano i messicani o usano i neri...
 
Top
libera*
view post Posted on 25/3/2005, 16:08     +1   -1




A Boston (USA) un’altra donna imam

News del 23-03-2005 16:22:54

Dopo Amina Wadud, prima donna imam della storia, Asra Nomani continuerà ad affermare il diritto delle donne musulmane di guidare la preghiera oggi a Boston, dove condurrà la preghiera in uno spazio pubblico riservato all'interno della Brandeis University
 
Top
libera*
view post Posted on 31/3/2005, 12:42     +1   -1




Una giornalista rompe la barriera della privacy

La Svezia scopre la violenza sulle donne Finisce il silenzio nel Paese della parità dei sessi.
Rivelazioni in tv e email: decenni di abusi nelle case

STOCCOLMA (SVEZIA) - I responsabili della rete avevano tentato di tutto per farla tacere. Il suo boss l’aveva messa in guardia: l’argomento è off-limits, lascia perdere. Lei, 48 anni e da un decennio costretta a subire violenze dall’uomo che amava, non ha ascoltato. E un giorno, nel bel mezzo dell’estate scorsa, ha fissato la telecamera e ha iniziato a parlare, in diretta: «Volete sapere che faccia ha una donna che è stata picchiata? Eccola. Mio marito abusa di me da più di dieci anni». La direzione l’ha licenziata.
Poi sono arrivate le prime email, le telefonate. «Anche il mio uomo mi riempie di botte». «Mi ha stuprato, ma nessuno mi crederebbe». La cortina di silenzio e vergogna iniziava a lacerarsi. Non siamo in Arabia Saudita, dove un anno fa la bellissima anchor-woman Rania al-Baz aveva trovato il coraggio di mostrare ai fotografi la devastazione del suo volto, le 13 fratture che avevano cancellato quell’ovale perfetto incorniciato dallo chador. Ai colleghi giornalisti aveva raccontato il pestaggio subito dal marito: «Voglio usare quello che mi è successo perché si cominci a parlare della violenza sulle donne nel nostro Paese». L’altra donna, quella che solo un’estate fa ha rivelato in tv il suo dramma, può darsi che conoscesse la storia di Rania. Del resto, sono molte le affinità che le uniscono. Maria Carlshamre è anch’essa una giornalista, ha pure lei occhi scuri e capelli neri. Ma è svedese. Vive, cioè, in un Paese dove la parità dei sessi ha smesso da decenni di essere un’utopia, dove i posti nelle stanze dei bottoni si dividono tra quote «azzurre» e «rosa», e l’ipotesi di dar vita a un partito «femminista» piace a un elettore su cinque.
Oggi il Paese dell’uguaglianza ha scoperto di essere il Paese delle urla nel silenzio. «La violenza contro le donne è aumentata negli ultimi due anni. Quella commessa da uomini che hanno un legame affettivo con le vittime è altamente sottostimata. Solo il 15-25% sporge denuncia». Una condanna senza appello, pronunciata un anno fa da Amnesty International, impegnata nella campagna mondiale Svaw ( Stop Violence Against Women ): «È il fallimento di un sistema». Intendiamoci, i mariti o i fidanzati svedesi non sono più violenti dei loro omologhi italiani, spagnoli o americani. Il problema sta nelle donne. Nella loro vergogna. Nelle loro bocche sigillate. Gli episodi di violenza sono aumentati a un ritmo vertiginoso:? 140% tra 1980 e 2000, dati ufficiali. Ma è il sommerso a fare la differenza. Come ovunque. Solo che qui, appunto, siamo nel regno dell’equità. E soprattutto della privacy: insieme alla leadership nella tutela dei diritti «rosa», essa è stata per decenni il «lenzuolo bagnato» che celava drammi laceranti, accusa ora sul New York Times Eva Hassel Calais, tra i coordinatori nazionali, in Svezia, dei centri per donne maltrattate.
«Sono faccende di famiglia», aveva protestato la sorella di Muhammad Al-Fallatta, marito di Rania, quando il fratello era finito sulle prime pagine dei giornali di Riad. Anche a Stoccolma, finora, la violenza domestica era considerata un private matter , un affare privato. «L’idea per cui la violenza in ambito familiare è una questione privata - scrive Amnesty - permette che tale pratica continui senza trovare ostacoli». La legge svedese è tra le più avanzate nella tutela delle donne, «ma questo serve a poco, se la rivoluzione dei sessi non è stata davvero assimilata»: Mariagrazia Campari, avvocato e femminista, della Libera università delle donne di Milano, spiega il controsenso con la teoria degli «estremi che si toccano, è il ritorno del punto di vista della famiglia patriarcale, dove contava solo il maschio, e quanto avveniva entro le mura di casa non era considerato "spendibile" fuori. Poi, certo, può darsi ci sia un desiderio inconscio di mantenere l’immagine di Paese perfetto, basato su canoni superiori di convivenza...».
C’è voluto un anno, in Svezia, perché il private matter diventasse pubblico, in un doloroso processo di autocoscienza. In ottobre Gudrun Schyman, deputato di sinistra e femminista, ha proposto una «tassa sugli uomini» per pagare le conseguenze di botte e stupri. In novembre il ministro della Giustizia Thomas Bodstroem dichiarava: «Il silenzio è un tradimento per le vittime degli abusi e un aiuto per gli uomini violenti». Pochi giorni fa il procuratore generale ha annunciato di voler creare un team di 35 magistrati specializzati nella violenza contro le donne. A Riad, a luglio, Rania al-Baz ha ritirato la denuncia contro il marito, sfinita da minacce e pressioni. In Svezia, oggi, Maria Carlshamre ammette: «Dobbiamo cambiare l’immagine di noi stessi. Non siamo i campioni del mondo dell’uguaglianza».

Gabriela Jacomella
31 marzo 2005


I dati in Europa


user posted image
 
Top
Camilla.
view post Posted on 31/3/2005, 13:03     +1   -1




da un settimale a caso:


"Le mogli obbediscano al marito come al Signore, perchè il marito è il capo della moglie come Cristo è capo della Chiesa"
"la donna deve velarsi il capo perchè non è l'immagine di Dio" (con il che si sottintende che l'uomo sia l'immagine di Dio)
E ancora
"La donna è un errore della natura, è una specie di uomo mutilato, fallito e mal riuscito"
Non le rivelerò chi sono gli autori di queste massime, ma le assicuro che si tratta di uomini di Chiesa, di grande autorità
(...)

Gli ebrei (maschi) recitano con queste parole la loro preghiera del mattino: "Ti ringrazio signore mio Dio di non avermi creato donna"
le donne da parte loro recitano: Ti ringrazio signore mio Dio di avermi creato secondo la tua volontà"
(...)



 
Top
libera*
view post Posted on 7/4/2005, 16:35     +1   -1




In Norvegia una legge senza precedenti sulle pari opportunità «Poche donne nel Cda, azienda da chiudere»

Il governo di Oslo ha deciso di punire le imprese che al vertice hanno presenze femminili sotto il 40 per cento


OSLO - Se le idee nuove in fatto di politiche sociali fossero petrolio, i pozzi norvegesi non sarebbero certo sulla via dell'esaurimento. Il governo conservatore di Kjell Magne Bondevik ha fatto sapere alle imprese del Paese che le cose non vanno bene in fatto di pari opportunità tra uomini e donne e ora dalla carota ha deciso di passare al bastone. Nel 2002, infatti, aveva varato una legge in base alla quale entro la metà del 2005 il 40 per cento delle poltrone dei consigli di amministrazione di ogni società, fosse essa di Stato o pubblica, doveva essere riservato alle donne. Ma le aziende «stanno puntando i piedi», ha detto il ministro per gli Affari della Famiglia e dei Figli Laila Daavoey. E, a questo punto, «nei casi peggiori - ha aggiunto - dovremo chiuderle».
Sì, proprio così: le imprese che non si adegueranno potrebbero essere messe in liquidazione. Entro il 2007. La legge norvegese, che era già considerata dagli imprenditori la più dura del pianeta tra quelle che intendono affermare la parità per legge, ora è diventata un caso senza precedenti. Il governo farà un censimento a metà agosto per conoscere la situazione e su questa base fisserà una data limite, il 2007, per le aziende inadempienti: passata quella data, ci sarà un ultimo richiamo e poi la chiusura forzata. Il fatto è, spiega la signora Daavoey, che nel 2002 i consiglieri d'amministrazione donna erano il sei per cento del totale e ora sono saliti all'11: pochissimo, se si tiene conto che tutte le società pubbliche si sono adeguate alla norma e che «ci sono in giro migliaia di donne qualificate: le imprese possono scegliere tra metà della popolazione».
Si tratta, in sostanza, di scardinare uno degli ultimi bastioni norvegesi del potere maschile in un Paese dove le donne occupano quasi la metà di posti di lavoro, il 40 per cento delle poltrone ministeriali e il 37 per cento dei seggi del Parlamento.
Nelle stanze in cui la politica non era ancora entrata, insomma, il denaro favoriva i maschi. Detto fatto: anche i tavoli del potere economico dovranno ora essere condivisi. Il raggiungimento della parità tra sessi è da tempo una priorità per tutti i Paesi scandinavi, i quali sono spesso stati, per l'Occidente, un modello nel campo. La Norvegia, però, era rimasta obiettivamente indietro in fatto di comando d'impresa, tanto che in molti Paesi dell'Europa continentale la situazione è più favorevole alle donne. La minaccia di chiudere un'impresa, di distruggere ricchezza e posti di lavoro questa volta però ha sollevato onde più alte del solito. L'associazione locale degli imprenditori si è opposta: il piano, dice, viola i diritti degli azionisti di scegliere i dirigenti liberamente. E la Borsa di Oslo ha detto che si oppone all'uso della forza anche se ritiene sia una buona idea aumentare la percentuale di donne nei consigli.
Il fatto è che, proprio come il petrolio, i modelli di Welfare e le politiche sociali scandinave tendono a essere esportate. E la questione della parità tra uomo e donna è un terreno straordinario per accendere dibattiti in tutto il mondo. Lo scontro di rilievo internazionale più recente è quello avvenuto nella nobile università americana di Harvard, dove il suo presidente, l'ex ministro del Tesoro Larry Summers, è stato criticato e censurato: aveva sostenuto che, per spiegare come mai le donne non hanno gli stessi risultati degli uomini in certe materie scientifiche, si trattava di indagare anche le differenze biologiche.
Al di là della discussione banale donne-contro-uomini, le domande che solleva l'iniziativa di Oslo sono in realtà molto serie. Le quote obbligatorie tese a favorire nella società minoranze o gruppi sociali sfavoriti sono infatti al centro di una revisione e di un dibattito acceso proprio negli Stati Uniti, il Paese che ha dato il via a questa politica negli Anni Sessanta. I favorevoli sostengono che si tratta dell'unico modo per garantire ai meno protetti di potersi affermare. I contrari dicono che abbassa la qualità generale delle prestazioni di lavoro o scolastiche, crea ingiustizie e impigrisce le stesse persone che ne possono beneficiare. Questione da risolvere con il pragmatismo, probabilmente. Ma l'iniziativa di Oslo alza l'asticella e rende tutto un po' più radicale.

Danilo Taino

07 aprile 2005

 
Top
22 replies since 28/2/2005, 21:17   427 views
  Share