01.03.2005
Donne, conferenza Onu: la crociata di Bush contro l'abortodi Roberto Rezzo
«L'aborto non rientra fra i diritti umani e le donne non hanno il diritto di abortire». Questo vogliono far mettere nero su bianco gli Stati Uniti. Questo è il contributo che la delegazione inviata dall'amministrazione Bush offre ai lavori della quinta Conferenza internazionale sui diritti delle donne apertasi lunedì al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite. All'ordine del giorno vi è la revisione dei traguardi raggiunti -e di quelli falliti- a dieci anni dall'ultima Conferenza, quando furono indicati dodici temi cruciali, come diritto alla salute, all'istruzione, al lavoro, partecipazione delle donne nella vita pubblica.
Il titolo della Conferenza è «Pechino, dieci anni dopo», ma la polemica innescata dagli Stati Uniti promette di dominare il dibattito. «L'America ha gettato il guanto -replica Adrienne Germain, responsabile della International Women's Health Coalition, la principale associazione per la tutela della salute delle donne- Tutti qui inserirebbero volentieri un emendamento che gli sta a cuore nel documento finale. E mentre tutti lavorano a un consenso multilaterale, gli Stati Uniti pretendono di mettere paletti e di imporre la loro posizione unilateralmente. È un momento eccezionalmente sfavorevole per i diritti delle donne. Da una parte l´ascesa dell´estremismo islamico, dall'altra la presa di potere della destra religiosa a Washington».
Alla vigilia della Conferenza, quando è stata preparata una bozza di documento per riaffermare la piattaforma di Pechino, salutare i progressi raggiunti verso la parità di diritti tra i sessi, sottolineare che la sfida non è chiusa e che richiede l'impegno di tutti i governi, qualcuno ha cominciato a cavillare. La delegazione americana, rigorosamente selezionata tra fanatici religiosi e estremisti conservatori, ha fatto sapere che non intende sottoscrivere il documento, a meno che non si aggiunga un capoverso per precisare che «la piattaforma di Pechino non crea nuovi diritti umani e l'interruzione di gravidanza non è un diritto umano».
Questione assai pretestuosa, spiegano gli addetti ai lavori, perché la Conferenza di Pechino non si sognò mai di estendere la lista dei diritti umani. La questione del diritto all'aborto venne affrontata ufficialmente per la prima volta durante la Conferenza dell'Onu sulla popolazione nel 1994 al Cairo. I delegati approvarono un documento in cui si riconosceva che l'aborto era una questione che i governi dovevano affrontare come un problema di salute pubblica. L'anno successivo a Pechino la Conferenza sui diritti delle donne riafferma il principio che le donne «hanno diritto a decidere in modo libero e responsabile sulle questioni che riguardano la sessualità, libere da costrizioni, discriminazioni e violenza». Ai governi viene chiesto di rivedere le legislazioni che puniscono le donne che ricorrano all'interruzione di gravidanza.
Allora a opporsi a che la parola aborto fosse soltanto inserita nel documento furono solo il Vaticano e una manciata di Paesi cattolici e islamici. L'amministrazione Clinton stava dalla parte del mondo Occidentale e di centinaia di organizzazioni per i diritti delle donne. Dieci anni dopo, George W. Bush riconfermato alla Casa Bianca, gli Stati Uniti saltano dall'altra parte della barricata. Richard Grenell, portavoce della Missione Usa presso le Nazioni Unite, ha dichiarato all'agenzia Reuter: «Quello che intendiamo affermare non è una novità. Siamo assolutamente convinti che la piattaforma di Pechino non debba stabilire né garantire il diritto all'aborto. Questo è il messaggio dell'amministrazione degli Stati Uniti». L'offensiva all'autodeterminazione delle donne in materia di gravidanza non si ferma qui. La delegazione americana vuole evitare che i programmi di istruzione facciano finanche riferimento all'educazione sessuale.
Una mediazione è ritenuta ancora possibile da Rachel Majanja, consigliere del segretario generale Kofi Annan per le questioni dell'emancipazione femminile, che tuttavia non nasconde il fastidio per l'iniziativa americana.
Parlando all’apertura della Conferenza, il segretario generale dell’Onu Kofi Annan ha ha chiesto ai governi del mondo un'azione su sette fronti, da mettere in atto nel prossimo decennio. Il capo dell'Onu ha elencato queste priorità: migliorare il tasso di scolarizzazione delle ragazze, garantire l'accesso di tutte le donne alla salute in materia sessuale e riproduttiva, investire nelle infrastrutture per ridurre il tempo passato dalle donne a provvedere per le famiglie, garantire i loro diritti in materia di proprietà e eredità, eliminare le discriminazioni sul lavoro, accrescere la proporzione delle donne nei parlamenti locali e nazionali, combattere tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze. La Conferenza, che avrà la durata di due settimane, vede la partecipazione di oltre cento delegazioni governative, 80 rappresentanze di rango ministeriale, e circa 6mila attivisti provenienti da tutto il mondo.
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