Bromuro d'Argento

Ho trovato in solaio, in una vecchia e polverosa scatola da scarpe , una scatoletta dall'aspetto decisamente d'altri tempi.

Al suo interno sono contenute delle lastrine di vetro 9x12cm, che risalgono ancora al tempo in cui le foto impressionavano vetro trattato al bromuro d'argento, prima che Kodak inventasse i film in plastica: una tecnologia diventata obsoleta già da ottant'anni, come i dischi a 78 giri e dirigibili e mongolfiere.
M'è venuta voglia di ricavarne qualche immagine, ma visto che oggi non si trovano più apparati per stampare da lastre di vetro, mi sono arrangiato con i potenti mezzi dell'informatica.
Una scansione delle lastre con uno scanner retroilluminato, Photoshop per invertire il negativo e aggiustare la grana, un po' di pazienza ed ecco qua quel che ne esce:

Una città italiana, un monumento a Vittorio Emanuele II, bimbi che vestono alla marinara e gonne femminili che scendono a coprire anche la caviglia; un tram in lontananza e praticamente nessuna automobile.
Non ho indicazioni su dove e quando è stata scattato; potrebbe essere forse Genova, anche prima della guerra 15/18 o subito dopo.

Nell'ingrandimento del monumento, mi sembra di leggere in fondo "I GENOVESI" e anche il palazzo dietro ha uno stile abbastanza genovese.
Se qualcuno riconosce il luogo esatto, può divertirsi a recuperare una foto di oggi dello stesso luogo e postarla qui, per un raffronto dopo un secolo. Magari qualcuno di Genova potrebbe scattarne una proprio dallo stesso punto, giusto per vedere se i bambini vestono ancora alla marinara...

Se confondiamo l'argento con il potassio, ci potrebbero capitare strane sorprese: in Francia, come dappertutto, l'argent è tutt'altro che un calmante del fuego sexual, spesso ne è il motore primo.

Dunque, siamo a Genova: e Genova, per noi che stiamo in fondo alla campagna, resta sempre un piccolo mistero, specie se raffigurata da immagini così vecchie.
Questa è un'altra foto recuperata dalla scatoletta: vista la pendenza delle strade potrebbe essere sempre Genova, ma aspettiamo la conferma di un esperto o di una foto recente, anche per questa.

E questa pure non dovrebbe essere difficile da identificare, con quel maestoso castello in lontananza.

Tutti al mare anche allora, ma - come si può notare dal dettaglio sulle gentili bagnanti - le chiappe, chiare o scure che fossero, non si vedono nemmeno con la lanterna (a proposito di lanterna, in un'altra foto - in controluce - mi è sembrato di vederne il profilo sul porto di Genova)

Veddo a Lanterna, a cava, lazzû o mêu...

Non ci sono dubbi, in questa panoramica fatta dall'alto del belvedere di un qualche palazzo a monte, guardando verso il mare: il profilo della Lanterna è inconfondibile anche per quelli della campagna.
Si vede la Lanterna, il molo, e chissà, forse anche la cava?

Ne ho ricavato anche un particolare, una striscia dal monte alla Lanterna che conserva la risoluzione originale della lastra, tanto per dare un'idea dell'immagine originale, non rimpicciolita per le esigenze del web.

E' un porto strano, ancora fitto di alberi attrezzati a vela e rari fumaioli di vapore, pochi i camalli sui moli: ma sicuramente è proprio il porto che aveva davanti Mario Cappello quando, nel 1925, ha scritto "Ma se ghe penso"; quello stesso porto che aveva nel cuore l'emigrante "stanco de sentî señor... caramba...".
Beh, qui non c'è foto moderna che tenga, nemmeno se fosse con sedici milioni di colori: mancherebbe sempre una dimensione, il tempo, rispetto a questa.
Ci metto pure la colonna sonora più indicata, per questo post.
E', ovviamente "Ma se ghe penso", ma non è Cappello, nè Lauzi, nè Mina, la voce che si sentirà.
E' Genova.
E sensa tante cöse o l'è partïo
e a Zena o gh'à formóu torna o so nïo

Eh, bella domanda...
Qui ho recuperato un'altra vista del porto, da una diversa parte della città:



con annesso ingrandimento per vedere se ci fosse qualche particolare che identifica un anno; ma ci vorrebbe un esperto di storia del porto di Genova, temo.





Questo ingrandimento che metto sotto, con due tipi seduti in panchina offre forse qualche indizio in più:



la calzatura del tipo a sinistra mi sembra quella tipica dei soldati della prima guerra mondiale; forse sono reduci di guerra, e disoccupati visto che se ne stanno in panchina come i vecchietti dello sfondo.
Il cipiglio, poi, mi farebbe pensare a due prossimi candidati ad ingrossare le fila di una squadraccia fascista.
Per cui io dico tra il 1920 e il 1922.