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Perù, il governo a Garcia, populista “ma non troppo”
Il nuovo presidente, socialdemocratico, vince il ballottaggio contro il nazionalista di sinistra Ollanta Humala. Ad aiutarlo il voto dei conservatori che si sono “turati il naso”
Si arresta in Perù l’onda lunga del “populismo” chavista sudamericano. Alle presidenziali del Paese a cavallo delle Ande ha vinto sì un populista, ma molto più moderato del suo avversario. Tanto che alla sua vittoria ha contribuito in maniera determinante il voto conservatore, spaventato dall’alternativa.
L'ex presidente socialdemocratico Alan Garcia ha vinto il ballottaggio contro il nazionalista Ollanta Humala. Quando sono state scrutinate l'84 per cento delle schede, Garcia ha ottenuto il 54,7 per cento dei consensi contro il 45,3 andato all’avversario. Humala ha riconosciuto la sconfitta: "Accettimao il risultato ufficiale - ha detto in una conferenza stampa - e riconosciamo il merito delle forze che hanno lottato contro di noi, quelle del signor Garcia".
Garcia - avvocato di 57 anni e leader indiscusso della Alianza popular revolucionaria americana (Apra) partito storico del Perù e tuttora il più strutturato del Paese - torna dunque alla guida del Paese andino. La sua precendente gestione del potere, tra l’85 e il ’90, è ricordata come un’esperienza disastrosa, ma stavolta Garcia promette di non ripetere gli errori del passato. Per l’intanto si gode l’appoggio elettorale dei suoi avversari storici, i conservatori, che turandosi il naso lo hanno votato per evitare Humala salisse alla presidenza.
Il partito nazionalista di Ollanta Humala, piombato sulla scena politica da meno di un anno con un ambizioso programma nazionalista e di sinistra, non nascondeva la sua simpatia per il modello di Hugo Chavez, il presidente venezuelano idolo dei diseredati e terrore della borghesia. Humala, che prometteva di porre i diritti degli indios e le nazionalizzazioni dei principali settori economici del Paese, si consola comunque: il suo partito, L’Unione del Perù, è comunque il primo partito del Paese con con 45 seggi su 120 alla Camera, contro i 36 del Partito Aprista di Garcia.
Garcia, 43enne militare a riposo, era partito in vantaggio già dal primo turno delle Presidenziali, tenutesi l’8 aprile. Ma in 15 delle 24 circoscrizioni del Paese - soprattutto nelle Ande, nel sud, nel centro e nella foresta amazzonica, dove si concentrano le popolazioni più povere - è stato comunque Humala il più votato. I suoi elettori sono gli stessi che nelle precedenti presidenziali affidarono il mandato ad Alejandro Toledo, che però deluse le aspettative di riforme radicali e lotta alla povertà.
Garcia si è invece guadagnato il voto delle città: a Lima, l’immensa capitale del Paese, ha avuto il 62 per cento dei voti. Ma è forte l’ipoteca conservatrice che grava su di lui, se si pensa che proprio Lima al primo turno aveva largamente premiato i conservatori di Lourdes Flores. Non avendo potuto partecipare al ballottaggio, quest’ultima ha invitato i suoi elettori ad appoggiare il “populista ma non troppo”. Al quale all’indomani della vittoria ricorda che "una parte del voto che lo ha favorito non gli appartiene, ma è dettato dalla paura".
Il riferimento è a quanti - e sono molti - hanno visto nell'esponente socialdemocratico il male minore rispetto all'ex comandante Humala, sospettato di crimini contro l'umanità e così simile all'ex uomo forte del Perù, Alberto Fujimori, al potere dal 1990 al 2000.
Garcia succederà il 28 luglio prossimo ad Alejandro Toledo. La sua è anche una rivincita contro gli insulti feroci e le accuse di corruzione che l'hanno seguito per oltre un quarto di secolo a causa della crisi in cui fece precipitare il Perù quando, a soli 35 anni, si scagliò contro i poteri forti ottenendo come risultato un'inflazione record del 7000%.
Poteri forti e loro simpatizzanti che, ora, lo hanno votato "turandosi il naso", come li ha invitati esplicitamente a fare lo scrittore Mario Vargas Llosa, l'ultimo esponente della destra a misurarsi in un ballottaggio, nel 2001, contro il 'populista' Alberto Fujimori che lo travolse con i voti dei poveri.
Adesso per Garcia, che la comparsa di Humala ha trasformato ormai in un “moderato”, dovrà cercare un equilibrio tra i due estremi che lo pressano da destra e da sinistra. A lui il compito di trovare una “terza via” tra il populismo chavista e il liberismo spinto dei conservatori. Evitando soprattutto di riportare l’inflazione al 7000%.