| Celine descrive un mondo corrotto, addirittura putrefatto, l'orrore, della guerra, dei rapporti familiari, la degradazione portata dalla povertà. Non è mai rasserenante o consolatorio. Dobbiamo domandarci perché lo faccia? Domandiamocelo. Innanzi tutto la realtà che descrive è quella che ha vissuto. In guerra, tanto per dire, lui ci ha rimesso una gamba. E questo è il materiale a sua disposizione, essendo uno scrittore, un grande scrittore, lo usa per costruire dei grandi romanzi. Ma c'è dell'altro: Celine era un medico, e la sua tesi di laurea fu la biografia di un altro dottore: Semmelweiss, se mi ricordo come si scrive. "Il dottor Semmelweiss" è, di fatto, il primo romanzo di Celine. E' scritto in modo piano, senza i puntini di sospensione e gli eccessi verbali dei suoi romanzi successivi. Eppure contiene almeno altrettanto orrore, ed è una dichiarazione di intenti. Semmelweiss visse in Austria nell'ottocento, ed è lo scopritore della setticemia. Esisteva allora una clinica universitaria, a Vienna, credo, che aveva due padiglioni per le partorienti con tassi statistici di mortalità molto diversi: in uno dei due le puerpere morivano in così gran numero di febbre che le partorienti vi erano portate praticamente a forza. E solo le più povere, quelle che non erano in grado di opporsi. Semmelweiss si pose il problema del perché questo succedesse e osservò che quel padiglione era quello frequentato dai medici e dagli studenti che avevano, in precedenza, praticato autopsie. Costoro non usavano lavarsi le mani. Allora si cominciava appena a intuire qualcosa della natura dei germi ma a Semmelweiss bastò fare due più due per capire che i germi della putrefazione erano la causa delle febbri puerperali. Era già noto, infatti, che chi si feriva durante un'autopsia moriva inesorabilmente di un male molto simile a quello che colpiva le puerpere. Semmelweiss tentò di porre riparo alla situazione imponendo ai medici di lavarsi le mani prima di visitare le pazienti, ma si scontrò con l'opposizione della casta medica. La sua opera venne sabotata, gli fu impedito di raggiungere le prove certe della sua tesi. Fu deriso, osteggiato e, alla fine, cacciato. Si ritirò nella periferia dell'Impero asburgico con la carriera distrutta, a fare il medico condotto. Un giorno si ferì durante un'autopsia, si ammalò di febbre setticemica e morì. Senza sapere che la Storia gli avrebbe dato ragione. Questo è il punto di partenza di Celine. Celine è dunque un "buono". Lui la puterfazione, i germi, vorrebbe combatterli. Ammira disperatamente chi ha sacrificato se stesso, la propria carriera, la propria vita, per liberare l'umanità dagli orrori causati dall'ignoranza. Ma quest'uomo buono si trova ben presto immerso in orrori di una portata di cui ignorava la possibilità: la guerra, la Grande Guerra con la sua vita in trincea, coi suoi milioni di morti abbandonati contro i fili spinati o dilaniati dalle bombe a frammentazione. Vive la realtà del colonialismo e il suo proprio personale fallimento, il fallimento dell'aspirazione di portare la salute nella degradazione dei quartieri poveri. E cede, cede la sua mente e cede la sua volontà. Da quel momento il suo scopo non è più combattere la putredine, non direttamente, almeno. Si limiterà a farla vedere, in modo che nessuno possa più permettersi di ignorarla come facevano i medici nella Vienna dell'ottocento, che consideravano un'insulto personale la richiesta di lavarsi le mani. Ecco, questo è Celine. Per lui la letteratura è stata un ripiego, ma anche una salvezza. Ha insultato tutto e tutti. godendo della condanna generale e sentendosi probabilmente come Semmelweiss, solitario e cupo, ossessivo e paranoico. Eppure è stato uno scrittore grandissimo.
Nanni
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