Non sono un fenomeno paranormale
Come tutti i perditempo e gli zuzzurelloni sono sempre stata affascinata dal paranormale.
Ho letto, sull’argomento, centinaia di libri e, quando un giornale parla di “misteri” non mi perdo una parola.
So tutto di Gustavo Adolfo Rol e di Eusapia Palladino, so tutto di apporti, telepatia, telecinesi, spiritismo, viaggi fuori dal corpo, voci dall’aldilà, scrittura automatica, tunnel che portano all’altro mondo, medium, ectoplasmi, fantasmi… eccetera eccetera eccetera.
So tutto, comprese le molte teorie che spiegano come tutte queste cose non esistano.
Io ammiro gli scienziati, ma, come diceva qualcuno a un certo Orazio, ci sono più cose tra cielo e terra di quante possa contenerne la nostra filosofia… vale a dire: non mi pare accettabile affermare che un fenomeno che non possa essere ripetuto a comando quando si verifichino le medesime condizioni (ma quali?) che lo hanno già provocato, non esiste.
Non tutto è scienza e non tutto è laboratorio.
Quel che pareva impossibile cent’anni fa, ora è cosa di tutti i giorni e non parliamo di quel che si pensava mille anni fa.
Ma tutte queste cose non suonano certo nuove: non i discorsi sul paranormale e non i discorsi che dicono che il paranormale è fantasia.
Infatti… non è di queste strarisapute cose che vorrei parlare.
Vorrei parlare, invece, dei miei rapporti con il paranormale.
Come nelle righe precedenti dico, il mio atteggiamento nei confronti del paranormale è non solo di grande apertura, ma di costante speranzosa attesa.
Chiunque abbia passato una sera al bar o in compagnia di oziosi amici in una notte d’estate sa che un’esperienza paranormale, magari piccola piccola, l’hanno avuta proprio cani e porci.
Chi ha visto “qualcosa”, chi ha sentito qualcos’altro, chi ha provato una terza cosa.
I miei rapporti con il paranormale si possono riassumere, invece, con una parola: niente.
Niente niente niente niente niente niente.
Una vita di apertura e speranzosa attesa e niente.
Non un solo minuto della mia ormai non breve vita trascorsa ha avuto la minima connotazione paranormale.
Mai sentito una voce, mai visto una luce, mai avuto un’intuizione che potesse venire da qualcosa che non fosse la mia grande intelligenza.
I miei defunti tacciono e tacciono, con me, tutti i defunti dall’inizio del mondo.
Mi son messa decine di volte davanti a bicchieri che non si son mossi di un millimetro e a penne che non ne han voluto sapere di scrivere da sole altro che un sacco di scarabocchi inutili.
Mio fratello ha dormito in una casa dove passeggiava un fantasma, intorno a me han passeggiato solo bacherozzi.
Un mio amico, solo per aver preso due analgesici, si è fatto (involontariamente e senza saperne nulla) un viaggio fuori dal corpo... io, che ci provo da anni con tutte le istruzioni, non sono mai arrivata nemmeno ai piedi del letto.
Ho sempre tanto sperato, ma niente.
Niente.
Niente.
Niente niente niente niente niente niente.
Nella mia famiglia ci sono dei bei precedenti nel campo, ma sempre da parenti acquisiti di cui non una sola goccia di sangue è perciò potuta passare, assieme ai poteri, nelle mie vene.
Alcuni zii di mia madre formavano un gruppo che si dedicava molto seriamente alle sedute spiritiche, traendone molte esperienze, delle quali, però, mi è giunto poco o nulla.
I fatti si svolsero negli anni tra il ’30 e il ’50 e, perciò, ne ho solo sentito accennare dalla mia famiglia che le considerava baggianate.
Tanto baggianate le considerava da non ascoltare mai gli zii spiritisti, nemmeno per curiosità.
E francamente non riesco a capire come si potesse non essere, almeno, curiosi dei loro racconti.
Eppure c’era una di loro che praticava la scrittura automatica e sembra ricevesse notizie non da poco.
Il gruppo aveva uno spirito guida, che, molto modestamente, si era presentato come “Perfezione” e fece l’unica cosa che, tra le tante che fece, sia giunta perfino a me tanto era clamorosa.
Quando, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, Trieste fu occupata dagli Yugoslavi e tutti, ma proprio tutti, in città erano terrorizzati e pensavano a come scappare e vedevano un futuro orribile profilarsi, c’era un solo uomo assolutamente sereno.
Era mio zio Augusto che a tutti ripeteva: “State tranquilli: Perfezione ha detto che entro un mese, massimo quaranta giorni, se ne vanno”.
Potete controllare su qualsiasi libro di storia che l’occupazione Titina, a Trieste, è durata esattamente quaranta giorni.
Ma nonostante questi trascorsi familiari, io son rimasta tagliata fuori dal paranormale.
Quello zio (era tecnicamente un pro-zio, cognato di mio nonno), peraltro simpaticissimo, morì che io ero molto piccola e così fu di tutto il suo gruppo che, tra l’altro, in vecchiaia abbandonò le pratiche spiritistiche perché a qualcuno di loro erano iniziate a succedere “cose strane” e non gradevoli… ma anche di questo nessuno mi volle mai parlare e, ormai, nessuno che potrebbe farlo è rimasto in vita.
E poiché, come ho già spiegato, con me i morti non parlano, non ne saprò mai nulla.
Consumerò la mia esistenza nell’attesa inutile di un segno paranormale.
A dirla tutta, un mio parente strettissimo, sapendo del mio desiderio sempre insoddisfatto, mi promise che, dopo morto, mi avrebbe fatto sapere qualcosa… ma son passati già molti anni e non ho saputo nulla… magari se ne sarà dimenticato, preso da tunnel luminosi e altre faccende interessanti... o c'è in me proprio qualcosa che blocca ogni segno non terreno.
A questo punto, ho quasi perduto le speranze, ma prometto che, appena sarò io dall’altra parte, cercherò in tutti i modi di farmi sentire.