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Quale futuro per l'Italia

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bagiggio
view post Posted on 16/2/2004, 16:34     +1   -1




Ieri parlavo con mio suocero che è stato un importante sindacalista CISL degli anni 50 - 60 - 70, uno di quelli che andava ai tavoli con (contro) i ministri di allora. Mi diceva che alla luce dell'Europa unita, all'epoca i sindacati, nell'intento di garantire i posti di lavoro, fecero una scelta che oggi si sta rivelando sbagliata: puntarono tutto sull'industria! Non fu un errore in sè, ma questo ha significato l'abbandono di una economia basata sull'agricoltura che aveva sorretto il paese per decenni. Di fatto L'agricoltura è scomparsa. E' agli occhi di tutti che oggi l'industria italiana ha fondamentalmente fallito il suo obbiettivo: quello di diventare un leader mondiale nelle grandi opere, nell'acciaio, nelle auto, nella chimica e ora anche nella produzione alimentare. I nomi rimasti di industrie italiane sono tutte di proprietà estera e di italiano rimane ben poco (ansaldo, Nuovo Pignone, Piaggio, la stessa fiat resiste a stento...). In effetti ora ci troviamo di fronte alla crisi dell'industria, che è sempre più piccola e, al massimo, media, con una voragine non coperta nell'agricoltura. Certo, non è possibile tornare a 30 anni fa, però credo che in una Europa unita l'Italia, con la sua tradizione, con la sua fama di qualità, potrebbe veramente ritrovare uno slancio produttivo in questo campo. Non diventerà mai il granaio d'Europa, però potrebbe sviluppare produzioni mirate di qualità, quali frutta, ortaggi, ma anche pascoli e allevamenti, industria dei formaggi e latticini. Oggi questo settore è coperto da piccole aziende che vanno dall'agriturismo alla piccola impresa. Gli spazi disponibili sono tantissimi. Basta fare un giro nella campagna laziale, un tempo totalmente coltivata, per trovare praterie completamente abbandonate, o nelle colline terrazzate della liguria in cui gli olivi producono oramai solo per i cinghiali.

E' una mia idea per uno sviluppo futuro che ovviamente non vuole essere la panacea di ogni male. Vi propongo però di ragionare sul futuro dell'Italia al di là dei programmi politici in atto, con mente propria. Ne dovrebbe scaturire un'Italia diversa, quella che vorremmo che fosse e che nessuno ci chiede mai!

Edited by bagiggio - 16/2/2004, 14:16
 
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clavdio
view post Posted on 16/2/2004, 19:52     +1   -1




Non è stato uno sbaglio puntare sull'industria, .....

è stato uno sbaglio non puntare tutto sull'industria... o quantomeno in maniera organica.
L'Italia è stata a sonnecchiare sugli allori del boom economico degli anni 60 ed ha ritenuto di poter andare avanti continuando a svalutare la lira ottenendo solo ( o per la maggior parte ) un vantaggio di costo (un po' come fa la Cina ora) e non uno tecnologico-scientifico:
il risultato è stato di non aver creato un backgrund, una cultura aziendale tale da permettere un reale distacco con gli altri paesi;


L'agricoltura non permette di creare un vantaggio competitivo tale da differenziarsi e creare un gap con i concorrenti. E' una battaglia persa in partenza.
 
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Clem dl' cion
view post Posted on 16/2/2004, 21:11     +1   -1




Un eventuale sviluppo del Settore primario, l'agricolo, oggi deve fare conti preventivi con l'Europa e con il sistema di contributi che difendono consolidati interessi. Questo per dire di un sviluppo in grande stile; per lo sviluppo di piccolo cabotaggio, si può certo fare, ma non sarà minimamente risolutivo dei problemi attuali dell'economia.
I problemi del Settore secondario, l'Industria, vengono da molto lontano: certo ha ragione Claudio a citare il malvezzo di basare i propri successi, come si è ripetutamente fatto in passato, sul puro pricing generato dalle svalutazioni della lira. E' stata una dannata droga che ha impedito alle aziende medio piccole di investire in ricerca con l'obiettivo di offrire allo stesso prezzo, un prodotto migliore.
Così come è stato un errore per la grande industria, mantenersi si dimensioni familiari e locali mai cercando l'allargamento che le portasse a livelli produttività competitive. I cosidetti industriali hanno colpevolmente preferito la parte dei finanzieri, giocando sugli assetti azionari e sempre a spese dei malcapitati piccoli azionisti che, soli, hanno pagato il conto delle altrui dissennatezze.
La Ricerca lavora per il domani, i nostri capitalisti hanno sempre preferito spremere quanto possibile le loro risorse per ottenere subito i risultati.
D'altro canto, impostare oggi, in epoca di globalizzazione, una produttiva ricerca è cosa assai difficile per un'azienda privata e deve, quindi, essere affidato allo Stato un tale oneroso onere, attraverso gli istituti universitari che poi offriranno alle realizzazioni private i risultati dei loro studi.
Pare che l'attuale maggioranza, al riguardo, la pensi diversamente.
A da venì l'Ulivo...............
 
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clavdio
view post Posted on 16/2/2004, 21:29     +1   -1




"La Ricerca lavora per il domani, i nostri capitalisti hanno sempre preferito spremere quanto possibile le loro risorse per ottenere subito i risultati"

Non sai quanto sono d'accordo con questa frase

D'altro canto, impostare oggi, in epoca di globalizzazione, una produttiva ricerca è cosa assai difficile per un'azienda privata e deve, quindi, essere affidato allo Stato un tale oneroso onere, attraverso gli istituti universitari che poi offriranno alle realizzazioni private i risultati dei loro studi.
Pare che l'attuale maggioranza, al riguardo, la pensi diversamente


sull'ultima frase decisamente meno.... visto che a diversi gradi gli istituti universitari me li sto passando da Nord a Sud... e CREDIMI bisognerebbe usare il caterpillar per rimettere a posto questo sfascio ed abuso di potere continuo che è il mondo accademico ( comunque è un male endemico del posto statale a vita )...
ho appoggiato (con lo spirito) TUTTE le riforme della scuola di questi ultimi anni e quanto più a fondo vanno tanto meglio è... purtroppo le lobbies son dure a perdere il potere acquisito.
 
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bagiggio
view post Posted on 17/2/2004, 10:13     +1   -1




I vostri post non fanno che confermare la mia convinzione: l'industria in italia, allo stato attuale, non è in grado di accollarsi tutta l'economia del paese. Lascia ampi spazi vuoti che si stanno aprendo sempre più. La liguria 40 anni fa era un polo industriale di primo ordine, ora di quelle industrie sono rimaste solo le officine abbandonate, cattedrali nel deserto. La piaggio è a rischio, i cantieri navali anche, la ferrania, che da lavoro a 10.000 operai (indotto compreso) la chiuderanno. Di contro c'è un settore che potrebbe creare nuovi posti di lavoro e non sono d'accordo che non sia concorrenziale, basta razionalizzare le attività. La disoccupazione cresce, e anzi viene contenuta esclusivamente dalla perdita di potere d'acquisto dei salari. Ma non può continuare per molto.

Sulla ricerca sono completamente d'accordo con clavdio. Ho avuto un passato universitario di ricerca con possibilità di continuare il quel campo alla sapienza di Roma. E' un mondo marcio, fatto di beghe interne, di graduatorie e molto poco di costruttivo spirito di ricerca.
 
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Metheny
view post Posted on 17/2/2004, 12:08     +1   -1




Appena trovo un po' di tempo,cerchero' di postare qualcosa sul Turismo (e l'incredibile volano di economia ad esso collegato).Ciao ai partecipanti. P.S.: fa piacere che,finalmente,si cominci a fare sul serio.Vi ringrazio.
 
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Octopus
view post Posted on 17/2/2004, 12:41     +1   -1




Mi pare che Claudio abbia centrato il punto. L'agricoltura può anche andar bene, ma non potrebbe che essere un settore marginale. L'Italia è un paese con alti costi di produzione agricola, dovuti ai problemi di irrigazione soprattutto. Non ci sono qui le piogge frequenti dell'Olanda, della Francia e delle pianure tedesche, per cui un'agricoltura estensiva non riuscirebbe mai a essere competitiva. L'unica strada praticabile è quella di un'agricoltura intensiva, e qui Bagiggio ha ragione, che punti sulla qualità e l'unicità del prodotto: ma questo richiede ricerca, sviluppo, una forte industria chimica e bioingegneristica, politiche di marketing avanzato. Non bastano certo il parmigiano reggiano o il barbaresco ad assicurare flussi di ricchezza che ci permettano di mantenere in futuro il tenore di vita che abbiamo. Bisogna continuamente inventare, creare mele a pallini verdi e arance di mezzo chilo; bisogna usare i cervelli in modo più efficiente e diverso da come fanno gli altri.
Esiste anche un'inefficienza colpevole e autolesionista nella capacità di sfruttare al meglio le risorse del nostro paese. Qualche esempio.
1. non diamo alcuno spazio ai giovani ricercatori, lasciando che i baroni paralizzino gli spazi alle carriere universitarie con le loro cordate. Così uccidiamo nella culla coloro che saprebbero portare innovazione.
2. non valorizziamo i territori turistici attraverso un approccio manageriale al potenziamento della competitività e attrattività degli investimenti provenienti anche dall'estero; non siamo capaci di collegare un territorio con il mercato turistico, dotandolo di un aeroporto internazionale efficiente, una catena di trasporti sincronizzata con esso e alberghi come si deve, perché le strade non ci sono e gli acquedotti risalgono all'impero romano. Ma dove sono coste più belle della Calabria orientale? Perché non sappiamo farci soldi?
3. dovremmo essere gli unici, primi e inimitabili gestori di musei e patrimoni storici al mondo; se affiancassimo una ricerca di qualità a questa nostra caratteristica saremmo capaci di inventare solventi e detergenti da usare per il restauro di ogni tipo di monumento e che si troverebbero solo in Italia. Ma come si fa, se abbiamo ammazzato l'industria chimica da decenni, dopo aver avuto un Nobel negli anni 60?

L'elenco si potrebbe allungare a dismisura, eppure nessuno chiede conto di queste assurdità ai politici. E aggiungo che senza un'industria ad alta tecnologia non potrebbero esistere né il turismo di qualità, né l'agricoltura biotecnologica, né tutte le altre attività di servizio di un paese moderno. E' il sistema nella sua interezza che va riformato, senza trascurare nessuna opportunità.
Salute
 
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clavdio
view post Posted on 17/2/2004, 13:28     +1   -1




CITAZIONE (bagiggio @ 17/2/2004, 07:52)
Di contro c'è un settore che potrebbe creare nuovi posti di lavoro e non sono d'accordo che non sia concorrenziale, basta razionalizzare le attività. La disoccupazione cresce, e anzi viene contenuta esclusivamente dalla perdita di potere d'acquisto dei salari. Ma non può continuare per molto.

Non sono un esperto in questo settore.... ma sono originario della puglia... chi conosco va avanti così:

1) i sussidi della disoccupazione per il settore agricolo (basta fare un tot di giornate all'anno e ti danno una specie di pensioncina il resto dell'anno) e ti puoi fare una seconda attività (a nero) nell'ampio tempo libero.
2) Le giornate effettivamente dichiarate sono una parte infinitesimale rispetto a quelle lavorate.

A livello macro non so che dirti.

Ma vallo a toccare tu un sistema di diritti acquisiti del genere. Queste sono lobbies di potere ben radicate, immense condotte di voti di scambio, su cui nessuno dice niente perché si ha paura.

Si pensa all'oggi perché non si sa o non si vuole guardare al domani.

E poi ci si lamenta perché non ci sono soldi... grazie, vengono buttati in questa maniera
 
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bagiggio
view post Posted on 17/2/2004, 13:58     +1   -1




CITAZIONE (Octopus @ 17/2/2004, 10:20)
Mi pare che Claudio abbia centrato il punto. L'agricoltura può anche andar bene, ma non potrebbe che essere un settore marginale. L'Italia è un paese con alti costi di produzione agricola, dovuti ai problemi di irrigazione soprattutto. Non ci sono qui le piogge frequenti dell'Olanda, della Francia e delle pianure tedesche, per cui un'agricoltura estensiva non riuscirebbe mai a essere competitiva. L'unica strada praticabile è quella di un'agricoltura intensiva, e qui Bagiggio ha ragione, che punti sulla qualità e l'unicità del prodotto: ma questo richiede ricerca, sviluppo, una forte industria chimica e bioingegneristica, politiche di marketing avanzato. Non bastano certo il parmigiano reggiano o il barbaresco ad assicurare flussi di ricchezza che ci permettano di mantenere in futuro il tenore di vita che abbiamo. Bisogna continuamente inventare, creare mele a pallini verdi e arance di mezzo chilo; bisogna usare i cervelli in modo più efficiente e diverso da come fanno gli altri.
Esiste anche un'inefficienza colpevole e autolesionista nella capacità di sfruttare al meglio le risorse del nostro paese. Qualche esempio.
1. non diamo alcuno spazio ai giovani ricercatori, lasciando che i baroni paralizzino gli spazi alle carriere universitarie con le loro cordate. Così uccidiamo nella culla coloro che saprebbero portare innovazione.
2. non valorizziamo i territori turistici attraverso un approccio manageriale al potenziamento della competitività e attrattività degli investimenti provenienti anche dall'estero; non siamo capaci di collegare un territorio con il mercato turistico, dotandolo di un aeroporto internazionale efficiente, una catena di trasporti sincronizzata con esso e alberghi come si deve, perché le strade non ci sono e gli acquedotti risalgono all'impero romano. Ma dove sono coste più belle della Calabria orientale? Perché non sappiamo farci soldi?
3. dovremmo essere gli unici, primi e inimitabili gestori di musei e patrimoni storici al mondo; se affiancassimo una ricerca di qualità a questa nostra caratteristica saremmo capaci di inventare solventi e detergenti da usare per il restauro di ogni tipo di monumento e che si troverebbero solo in Italia. Ma come si fa, se abbiamo ammazzato l'industria chimica da decenni, dopo aver avuto un Nobel negli anni 60?

L'elenco si potrebbe allungare a dismisura, eppure nessuno chiede conto di queste assurdità ai politici. E aggiungo che senza un'industria ad alta tecnologia non potrebbero esistere né il turismo di qualità, né l'agricoltura biotecnologica, né tutte le altre attività di servizio di un paese moderno. E' il sistema nella sua interezza che va riformato, senza trascurare nessuna opportunità.
Salute

Perfetto, essattamente quello che intendevo con razionalizzazione delle risorse. Anche il problema idrico è solo un problema tecnico che i romani 2000 anni fa avevano risolto brillantemente: nelle colline liguri ci sono ancora le canalizzazioni in pietra di allora...funzionanti.
E' un progetto che dovrebbe però essere portato avanti dallo stato, qualunque esso sia, per incanalare una serie di risorse e investmenti in quella direzione, con progetti anche a lungo termine (bestemmia!!!).
D'altra parte quando si nazionalizzò l'energia elettrica, 40 anni fa, fu fatto esattamente questo e fu un successo, infatti l'enel ha assolto egregiamente il suo compito di Ente statale, fornendo il servizio elettrico al paese e dando un mucchio di posti di lavoro. Il concetto di ente è ovviamente superato, ora si potrebbe dare mandato ad un ministero per gestire tutta una serie di appalti e di progetti, dando sviluppo nel privato della piccola media impresa, dare una normativa nazionale di controllo delle tariffe in modo da garantire lo sviluppo in ogni area idonea. Non sono un esperto per carità, ma voglio solo dire che i modi ci sono e che, sebbene solo il termine "agricoltura" ci ricorda i racconti della nonna, non significa che non possa essere un progetto vincente.
L'europa unita oltretutto deve essere una possibilità in questo senso.
Personalmente quando trovo nei mercati i mandarini isareliani o i kaki sudafricani che da me le fasce sono piene di kaki che non raccoglie nessuno mi viene il nervoso! e non mi dite che vi sono logiche di commercio che permettono tutto ciò perchè vi rispondo che sono logiche bacate!

Edited by bagiggio - 17/2/2004, 11:40
 
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bagiggio
view post Posted on 17/2/2004, 14:05     +1   -1




CITAZIONE (clavdio @ 17/2/2004, 11:07)


Ma vallo a toccare tu un sistema di diritti acquisiti del genere. Queste sono lobbies di potere ben radicate, immense condotte di voti di scambio, su cui nessuno dice niente perché si ha paura.

Si pensa all'oggi perché non si sa o non si vuole guardare al domani.

E poi ci si lamenta perché non ci sono soldi... grazie, vengono buttati in questa maniera


aua ghe semmu!

non dovrebbe essere allora la politica che si fa carico di risolvere questi problemi? se non lo fa è evidente, al cittadino medio che fa 2 + 2, che è collusa. Prima o poi il cittadino medio (mi sto funarizzando!) si stufa di dare il voto a queste cariatidi!
 
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clavdio
view post Posted on 17/2/2004, 14:13     +1   -1




Si ma ci sono problemi che è più facile e conveniente risolvere.....e di problemi ne trovi a bizzeffe.... l'agricoltura ha più problemi che vantaggi....

la possono fare tutti, soprattutto i paesi che hanno un costo del lavoro irrisorio.
 
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Metheny
view post Posted on 18/2/2004, 18:56     +1   -1




CITAZIONE
Non bastano certo il parmigiano reggiano o il barbaresco ad assicurare flussi di ricchezza che ci permettano di mantenere in futuro il tenore di vita che abbiamo. Bisogna continuamente inventare, creare mele a pallini verdi e arance di mezzo chilo; bisogna usare i cervelli in modo più efficiente e diverso da come fanno gli altri.

Hai ragione Hoctopus,ma in parte.
E' vero che le produzioni di alcuni prodotti di punta non permettono di far si' che si sviluppi un'economia su essi concentrata:ma è altrettanto vero che non si conoscono (o meglio,non sono evidenziate come dovrebbero)centinaia e centinaia di piccole produzioni altrettanto degne.Se tutti i prodotti di qualità(altissima qualità)che abbiamo in Italia fossero sufficientemente conosciuti,posso assicurarti che il mercato che si svilupperebbe attorno ad essi potrebbe essere molto significativo,sia in termini di lavoro indotto che di creazione di reddito.Per spiegarmi meglio:è inutile che da 5 anni consecutivi su "The Wine Spectator" vinca la categoria dei vini rossi il Sassicaia,se subito dopo nelle prime 100 posizioni seguono 70 vini francesi.Per parlare solo di vino,per cio' che riguarda la Francia.La differenza fra noi e la Francia è che loro vendono per "chicca" qualsiasi cosa(potenza di persuasione unica al mondo).Noi invece la mozzarella non sappiamo tutelarla,come l'olio,i formaggi (lo stesso parmigiano,ad esempio),la pasta,etc,etc.

Edited by Metheny - 18/2/2004, 16:36
 
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bagiggio
view post Posted on 18/2/2004, 19:41     +1   -1




oltretutto c'è da dire che la qualità dei vini italiani è nettamente superiore, parlando di produzioni di buon livello. Anni fa, preso da una mania di ricerca del'enogusto, andai in Francia a farmi il giro delle cantine nella savoia, proprio per conoscere i vini francesi. Fu una delusione totale, abituato al chianti, al refosco, al barbaresco (mi tratto bene), al gutturnio e a tanti altri vini carichi e profondi, quelli francesi, per quanto profumati e gradevoli alla prima boccata, poi miseramente morivano là. Anche il pinot nero valdostano è tutt'altra cosa rispetto a quello di oltre confine.
La dimostrazione sta nel fatto che appena abbiamo accettato il confronto, con produzioni limitate, abbiamo sbaragliato la piazza.
 
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Metheny
view post Posted on 18/2/2004, 19:46     +1   -1




E' questo il punto:abbiamo tantissimo pane,ma pochissimi denti.
Per rimanere in argomento:non c'è,assolutamente,nessun termine di paragone fra i loro rinomatissimi Borgogna e il nostro Amarone.Non ci lucidano neanche lo scarpino.

Edited by Metheny - 18/2/2004, 17:59
 
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Metheny
view post Posted on 19/2/2004, 01:59     +1   -1




Ristorazione.E qui arrivano le dolenti note.
Potersi fregiare del titolo internazionale della "migliore cucina del mondo" (mi fanno impazzire le mode:ma quella che mi fa veramente imbestialire è una delle ultime,trendy&chic,la cosidetta "cucina fusion".Ma cosa c'è di piu' fusion della nostra?)non basta per garantire un elevato standard qualitativo e,sopratutto,mantenerlo.Le nostre I.P.A.S. sono allo sbando (con alcune eccellenze a livello mondiale,quando dovrebbe essere il contrario).L'imprenditoria del settore è in mano a squali e ignoranti in materia.Non si capisce piu' la differenza tra un a spigola pescata all'amo e una d'allevamento(piena solo di pancia e grasso).Si vuole solo la carne argentina,che sa di erba medica (cioe' ha un retrogusto di fegato).Si vogliono a forza le zucchine in inverno.
Le nuove leve di cuochi pensano che il lavoro sia una sorta de "la prova del cuoco".
I proprietari di ristorante badano di piu' ai bicchieri piuttosto che al loro contenuto.
I camerieri oramai sono declassificati a "mezzi di trasporto piatti".
Oramai mangiare una pasta e fagioli degna di tal nome è possibile solo grazie ad un'imbeccata di un tuo amico che ti consiglia dove andare.
Le cucine sono piene di persone che non sanno la differenza fra una casseruola e un tegame.
Le sale sono piene di "personale" che magari saprà parlare l'inglese o il giapponese,ma che non sa decantare un vino.
Insomma,magari come avventori non ci si fa tanto caso,ma per gli addetti ai lavori la situazione è critica:e questo ormai da diversi anni,almeno 10.
E le associazioni di categoria cosa fanno?Nulla,se non continuare ad alzare i prezzi,senza migliorare niente,anzi,regredendo.E lamentandosi dei sempre piu' esigui margini di ricavo.

Edited by Metheny - 18/2/2004, 23:40
 
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