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Riformista day, 10.2.2004

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Goyassel La Zucca
icon11  view post Posted on 21/2/2004, 11:12     +1   -1





Di arancione, nella Sala Umberto di Via della Mercede, sobriamente addobbata per il Riformista day, non c’è quasi niente. Il colore predominante è infatti il rosso. Rosso è il sipario, rossa la moquette e rosse le poltroncine, perché la Sala Umberto è soprattutto un teatro. Anche la grande scritta “Il Riformista” che campeggia sulla scenografia è rossa. Di arancione ci sono solo la cravatta di Giampaolo Pansa, che sale sul palco alle 17 per intervistare i big del Centrosinistra, e la voluminosa capigliatura di Alda D’Eusanio, che si affaccia nella sala a metà pomeriggio, assai poco interessata all’argomento del dibattito (e molto di più alle chiacchiere dei suoi compagni di conversazione). Sembra una provocazione la presenza della “regina dei tarocchi” a questo incontro ideato da un gruppo di intellettuali di centrosinistra e organizzato dal quotidiano diretto da Antonio Polito. Ma poi ci si ricorda che Alda è un’ex-craxiana di ferro e, se ci si gira intorno, non è difficile notare che gli ex-socialisti non mancano. C’è Intini, che arriva molto presto e c’è Del Turco. Volti noti, ma anche meno noti, quelli dell’ex-popolo del PSI. Si percepisce la loro presenza dai tanti applausi che salutano prima l’ingresso di Boselli e poi i suoi interventi: soprattutto quelli contro gli ex-magistrati che entrano in politica. Ex-magistrati alla Di Pietro, ma anche alla Violante, come ricorda Pansa. Quando Boselli accenna – senza rancore, spiega – a come è stata cancellata una tradizione politica secolare, dal fondo della composita (?) platea parte un applauso scrosciante.

Tra il pubblico, c’è tutta una serie di personaggi che non ci si aspetterebbe di trovare lì perché con la sinistra e con l'Ulivo hanno a che fare ben poco. Vittorio Sgarbi, ad esempio. Che con occhiali dalla montatura nera fa il suo ingresso in sala e va a sedersi in prima fila accanto a un giovane che parrebbe Pierluigi Diaco (sic) e che forse lo è davvero. Sono le diciassette e trenta. Dopo un’ora piccola staffetta: esce Sgarbi ed entra Luca Barbareschi, altro ex-socialista deluso dalla Cdl (sic), che si accomoda nella stessa identica poltroncina.
Molti, comunque, i volti dell’area riformista che invece ci si aspetterebbe di trovare là: Em.ma., Emmanuele Macaluso, arrivato poco prima delle tre. E’ seduto nelle prime file, quasi davanti a Me; ogni tanto qualcuno gli si avvicina per stringergli la mano e per fargli i complimenti per il suo ultimo libro. Si affaccia Petruccioli, presidente della Commissione vigilanza ed ex-occhettiano. Spunta la folta chioma del liberal Morando, che proprio sulle colonne del Riformista aveva annunciato la sua presenza all’incontro.
I “big” arrivano alla spicciolata e si accomodano sul palco; annunciano però che andranno via in anticipo: è infatti in corso, alla Camera, la votazione sulla fecondazione assistita.
Prima di loro sei interventi: quello del direttore Polito, che fa gli onori di casa, segue Michele Salvati con una dissertazione teorica sul concetto di “società civile” e sul nuovo, costituendo (?), partito riformista. Dissertazione teorica, appunto. Il tema è interessante e stimolante, ma Salvati – un prof. –, pur dicendo cose assai sensate, non riesce ad essere un oratore molto coinvolgente; e se non seguissi il discorso sul testo scritto, prontamente distribuito all’inizio dei lavori, complice la carbonara non ancora digerita, Mi lascerei volentieri abbandonare alle braccia di Morfeo.
Maurizio Ferrera si occupa poi di ricalibrazione del Welfare, Franco Mosconi di politica industriale e Giuseppe Cucchi di politica militare; chiude Antonio Panzeri della CGIL. Ci si interroga non solo su come tornare a vincere e su come “vendere” – parole di Salvati – un nuovo prodotto riformista, ma soprattutto come governare il paese, come evitare di ripetere gli errori del passato. Dice Polito: «Nel 2001 l’Ulivo ha perso non per eccesso di riformismo, ma per mancanza di riformismo.»
Giungono quindi i leader: Fassino, Boselli e Rutelli. Con loro Savino Pezzotta, segretario della CISL. Moderatore Giampaolo Pansa.
Si comincia parlando della lista unitaria, il cosiddetto triciclo, e dell’esclusione di Di Pietro per il veto dei socialisti, si parla poi delle divergenze di posizioni di DS e Margherita sul tema della fecondazione assistita. Si affronta lo spinoso tema dei rapporti con Rifondazione comunista e di eventuali accordi elettorali o di governo per le prossime politiche. Pansa, molto perplesso, definisce Bertinotti e i suoi “i pugnalatori di Prodi”. I tre boss – così li chiama Polito – parlano invece di passaggio obbligato e insistono sulla necessità di dar forza alla coalizione proprio grazie alla loro lista riformista; per Fassino il maggioritario a turno unico costringe ad alleanze di questo tipo; Rutelli, sulla stessa linea, si spiega con un esempio americano. «Gli ultimi sondaggi – conclude Fassino – danno la nostra lista al 35%. A me andrebbe bene anche un po’ meno: il 33, gli anni di Cristo. Sarebbero dieci punti in più di Forza Italia: vorrebbe dire che almeno un terzo del Paese è con noi riformisti». Il clima è disteso. Ogni tanto i tre segretari si abbandonano a battute e punzecchiature. Tutti i cellulari sono accesi: il segnale disturba l’audio del microfono proprio mentre Boselli sta parlando di Di Pietro. Prevedibile lo sfottò.
«Non possiamo spegnere i telefoni, possono chiamarci per votare sulla fecondazione da un momento all’altro» spiega Rutelli. E Boselli di rimando: «Visto come voti tu, sarebbe meglio non ti chiamassero.»
Parla, per ultimo, Savino Pezzotta e mette subito le mani avanti: non vuole fare il politico; rubare il mestiere ad altri non gli interessa. Incalzato dalle domande di Pansa, il leader CISL se la cava con grande signorilità: i suoi iscritti, spiega, votano per metà Centrosinistra e per metà Centrodestra, lui non può schierarsi. «E’ ai partiti che tocca intercettare le istanze del sindacato, non è il sindacato che deve dettare la linea politica ai partiti.» Un fantasma aleggia sulla sala: è barbuto e ha gli occhi a mandorla. Volano ancora frecciatine. Dice Rutelli: «Il sindacato deve essere tutto autonomo: anche altre confederazioni dovrebbero prendere esempio dalla CISL». E, per ribadire il concetto, Boselli aggiunge: «Credo che il riferimento non sia alla UIL». Infine l’affondo di Pezzotta che critica apertamente l’ultima stagione di Cofferati alla guida della CGIL e rivendica con orgoglio di aver firmato il Patto per l’Italia. Tra gli applausi della platea, infine, richiama i politici a problemi concreti: l’economia italiana che va male, le pensioni, la globalizzazione, e soprattutto una nuova politica per la casa.
I politici e Pezzotta prendono più tempo del previsto: i lavori dell’assemblea del Riformista day si chiudono intorno alle 19.

(Goyassel La Zucca, 10.2.2004)


 
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view post Posted on 21/2/2004, 12:05     +1   -1
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Meglio perderlo.

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CITAZIONE (Goyassel La Zucca @ 21/2/2004, 08:51)
..........i a Me; ............., Mi ..........

(Goyassel La Zucca, 10.2.2004)

Non e' che Tu sia , poco poco, megalomane???
 
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Clem dl' cion
view post Posted on 21/2/2004, 19:40     +1   -1




Grazie, Goyassel, della cronaca puntuale di un evento del quale non avevo letto.
Non mancano a sinistra le iniziative per sensibilizzare la pubblica opinione sui gravi problemi del Paese e, anche se spesso sono autoreferenziali, aiutano a creare quell'amalgama di un comune sentire che dovrebbe produrre gli auspicati risultati alle prossime elezioni.
 
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Marilina Satanino
view post Posted on 21/2/2004, 20:08     +1   -1




Ora divampa la polemica sulle dimissioni di Asor Rosa, cui risponde Fassino sull'Unità, dicendo che i Ds puntano sulla carta dell'ostruzuionismo per costringere il governo a separare l'Iraq dalle altre missioni. Ma se la trategia non si rivelasse vincente, i deputato dell'Ulivo ricorrerebbero alla via del "non voto" come al Senato.
Asor Rosa ha rinvenuto in tutta questa manfrina nient'altro che mancanza di coraggio e di chiarezza sulla missione in Iraq, e ha rimesso nelle mani del segretario Ds, la sua tessera d'iscritto.
 
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Marilina Satanino
view post Posted on 21/2/2004, 20:18     +1   -1




CITAZIONE (Marilina Satanino @ 21/2/2004, 17:47)
Ora divampa la polemica sulle dimissioni di Asor Rosa, cui risponde Fassino sull'Unità, dicendo che i Ds puntano sulla carta dell'ostruzuionismo per costringere il governo a separare l'Iraq dalle altre missioni. Ma se la trategia non si rivelasse vincente, i deputato dell'Ulivo ricorrerebbero alla via del "non voto" come al Senato.
Asor Rosa ha rinvenuto in tutta questa manfrina nient'altro che mancanza di coraggio e di chiarezza sulla missione in Iraq, e ha rimesso nelle mani del segretario Ds, la sua tessera d'iscritto.



Il terzo che se ne va della minoranza Ds, dopo Falomi e De Zulueta. E Bertinotti, che fa? incita la sinistra radicale Ds a una nuova "collocazione partitica", che in soldoni, significa la costruzione di un nuovo soggetto politico, alla sinistra dei Ds. Un tentativo di spaccare la Quercia dopo il varo della lista unitaria, ha detto Caldarola. Ed è vero, non ci siamo.

Edited by Marilina Satanino - 21/2/2004, 17:58
 
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Clem dl' cion
view post Posted on 21/2/2004, 20:24     +1   -1




Il punto cruciale è che nel partito dei DS, molti non hanno gradito la confluenza nella lista Prodi che certamente è destinata a spostare al centro la linea del Partito.
Questo mancato gradimento è già costato importanti defezioni, tra cui quest'ultima di Asor Rosa, personaggio di tutto rispetto e considerazione. La questione del finanziamento delle missioni militari è strumentale (e un po' meschina a mio parere) per segnare il proprio dissenso.
Ciò significa che il realismo della politica costringerà i DS ad una scissione nei fatti, prima che nella crudele formalità delle cose, ma credo che questo processo naturale altro non sia che un'operazione di chiarezza destinata a fare del bene alla scena politica di sinistra.
Ognuno dei protagonisti delle scelte ha i suoi sacrosanti diritti di affermare il proprio punto di vista e credo che la richiesta di Salvi di convocare un Congresso dopo le elezioni europee sia una richiesta legittima e il soddisfarla una inderogabile necessità.
Accettare questa richiesta ora, prima cioè di sapere quale sarà il responso delle urne, mi pare un atto di sicurezza e di fiducia nelle proprie idee; rifiutarla, sarebbe segno di insicurezza e di ambiguità
 
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5 replies since 21/2/2004, 11:12   104 views
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