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Immani teste di minchia

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ChronoTrigger
view post Posted on 8/6/2008, 15:38 by: ChronoTrigger     +1   -1
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CITAZIONE (pv @ 7/6/2008, 13:14)
Immani teste di minchia, non potete ad andare a fare ( o prenderlo) innel culo altrove? La prima che risponde acora alla troia in questa discussione, verra' immediatamente bannata dal villaggio.


Considerazioni su "Immani teste di minchia"
-- fortunosamente salvatosi dalle maglie della censura --


Forse non tutti hanno colto il martellante ritmo degli ottonari e dei settenari che balzano - quasi in corsa giganti giovinetti - fuor dalla prosa del frammento piviano sopra riportato.
Provate dunque a rileggerlo con attenzione in questa mia editazione per altro pressochè assolutamente fedele all'originale (dal quale ho espunto solo un "ad" pleonastico dal secondo verso): scoprirete come, incastonata in quello che poteva apparire un normale post piviano, si trovi una gemma di rara e forte poesia.

Immani teste di minchia

Immani teste di minchia
non potete andare a fare
(o prenderlo) innel culo
altrove?
La prima che risponde
ancora alla troia
in questa discussione,
verra' immediatamente
bannata dal villaggio.



Anzitutto, la costruzione ritmica: ai due versi iniziali, ottonari dal ritmo vagamente anapestico, segue il primo dei sei settenari perfetti che compongono il poema; ma subito il ritmo viene interrotto (con un anticlimax di rara intensità) da un breve, brevissimo "altrove" in ardito contrasto con la vastità che il senso suggerisce.
Poi il verso settenario prosegue fluente fino alla chiusa.
Ma non solo nel ritmo il lettore acuto troverà i maggior pregi del frammento piviano: a partire dall'incipit che da' il titolo all'opera, in cui vengono evocate le suggestive immagini dei moai dell'Isola di Pasqua o i solitari dolmen che accerchiano le verdi vallate di Stonehenge.
L'ardita metafora dell'ostracismo che chiude il breve poema, unito alle reminiscenze omeriche evocate da Troia, ci riporta alla più classica letteratura greca: una citazione che si snoda tra Archiloco, inventore del giambo, e Pindaro re insuperato della metafora.
Scarsa la fortuna del poemetto presso i contemporanei: della censura si è detto e - come per gli eresiachi paleocristiani le cui idee ci sono giunte solo grazie alle feroci critiche di Origene e Tertulliano - dobbiamo la conservazione del frammento non all'amore per la poesia piviana, quanto piuttosto a una archiviazione ai fini di eventuali querele legali a sfondo penale.
Ma la Storia, ne siamo certi, farà strame di queste intolleranze e come per gli Impressionisti, a onta dei critici della prim'ora, renderà l'imperituro omaggio al senso di pv per le teste di minchia.
 
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